Archivio mensile:Aprile 2014

Boccaccio riletto da Pasolini, il Decameron e la sua sconcertante umanità

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La versione cinematografica del Decameron diretta da Pier Paolo Pasolini uscì nel 1971 e fu fin da subito accompagnata da numerose critiche e persino denunce e sequestri in varie parti d’Italia, ma anche da importanti riconoscimenti come l’Orso d’Argento al Festival di Berlino.

Il film offre un’originale interpretazione dell’opera di Boccaccio, non perché si discosti particolarmente dalla visione dell’autore, forse perché più di tutti ha saputo coglierne la reale essenza, molto spesso incompresa. Il Decameron è infatti, come scrisse Alberto Moravia, un libro “non solo privo di tabù, ma anche privo del compiacimento di non averne”, ed è proprio la visione che Pasolini fece sua. A tal proposito si liberò di tutti gli elementi artificiosi del libro, gettandone via la cornice illustre e umanistica; sostituì, in particolare, la ricercata “favella” toscana con il dialetto napoletano e la finzione della villa, luogo edenico fortemente contrapposto al mondo reale, con gli sporchi vicoli di Napoli. Con questa precisa scelta stilistica Pasolini intende quindi esprimere la più sincera gioia di vivere di Boccaccio e la sua volontà di rappresentare la realtà per come è, in tutti i suoi aspetti.

I personaggi del Decameron sono profondamente umani, con tutti i loro vizi e le loro virtù, le più forti passioni e le più basse debolezze. Sono uomini prima che personaggi, in tutta la loro sconcertante umanità. Pasolini riesce a tratteggiare ancor meglio questo aspetto con le immagini, come nella novella di Andreuccio, non a caso scelta come apertura del film. Andreuccio appare goffo e ingenuo nei suoi movimenti, disincantato nelle sue espressioni, più volte riprese da Pasolini nel corso della novella, a sottolinearne la progressiva crescita e maturazione. E’ molto interessante anche l’interpretazione che riesce a dare della silenziosa Lisabetta, protagonista di una delle novelle centrali, che si rivolge al suo amato con languore, chiedendogli di restare ancora un po’ a letto con lei. Questa vicenda non compare nella novella originale e ci offre chiaramente una chiave di lettura in più della visione di Pasolini.

Un elemento fondamentale del Decameron è sicuramente l’erotismo, che il regista risolse nella più realistica maniera possibile: l’erotismo boccaccesco è un fatto puramente di corpi, la sessualità è, come l’amore, un naturale impulso irresistibile, e così viene rappresentata. Fu questo a suscitare le critiche più forti e ostinate, proprio la “naturale delicatezza con cui questa gente rozza vive la dimensione corporale”, commentò Serafino Murri.

Il Decameron di Pasolini suscitò accesi dibattiti alla sua uscita, ma ancora oggi non smette di stupire e scandalizzare per la sua candida naturalezza. Forse ci vergogniamo così tanto della nostra natura umana da aver imparato ad allontanarla, negarla, nasconderla. In tutto ciò, Pasolini resta un visionario, un uomo capace di vedere in maniera nuova e originale, spogliandosi di tutti i pregiudizi e i tabù della nostra società, ma ancor più geniale per essere stato capace di raccogliere questa sua visione ed averla resa accessibile a tutti, anche se veramente comprensibile solo a chi, come lui, saprà spogliarsi dei proprio tabù per poter vedere con occhi nuovi.

(tema di Virginia Pignata classe 3AL a.s.2013-2014)

Basta cambiare angolazione

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La grande vastità di temi, ambientazioni, situazioni e personaggi e la capacità di intrecciare perfettamente realtà e invenzione, rendono Boccaccio un genio e il Decameron un’opera d’arte lontana dal tempo e dallo spazio, sempre attuale nella sua inattualità. Un’opera da interpretare e reinterpretare, un’opera da ascoltare, con cui stabilire un legame, alla quale concedere la libertà di dirci qualcosa. Ed è per questo che a 700 anni dalla nascita di Boccaccio ancora la leggiamo.

Giovanni Boccaccio nasce a Firenze o a Certaldo Valdelsa nel 1313; di origine borghese trascorre l’adolescenza alla corte di Roberto d’Angiò dove frequenta l’aristocrazia e la ricca borghesia, entrando in contatto con la Napoli dei mercanti e del popolo che rappresenterà poi nel Decameron. Costretto a tornare a Firenze per problemi economici, è accettato come importante letterato e studioso. Boccaccio è considerato, insieme a Petrarca, il fondatore dell’Umanesimo, perché promuove lo studio delle humane litterae, in particolare il greco. La sua opera più importante è senza dubbio il Decameron, una raccolta di cento novelle in prosa che lo renderanno il modello da seguire per la prosa letteraria nel XVI. Tre giovani e sette giovani donne decidono di allontanarsi da Firenze, dove infuria la peste, per rifugiarsi in una villa in campagna dove trascorrere lietamente il tempo tra canti, danze, banchetti e racconti per dieci giorni. Ogni giorno un re o una regina decide il tema della giornata al quale i narratori devono attenersi: storie d’amore tragiche e a lieto fine, avventure, beffe, aneddoti e storie esemplari.

Il palcoscenico del Decameron si apre con la dedica alle donne, che presenta la componente edonistica dell’opera: le novelle hanno lo scopo di dare piacere, di consolare le povere donne afflitte dal dolore che l’amore ha provocato in loro, poiché “esse dentro a delicati petti, temendo e vergognando, tengono l’amorose fiamme nascoste” e la componente pedagogica: Boccaccio intende offrire alle donne una “retta via” da seguire, esempi di come comportarsi nelle diverse situazioni che la vita ci offre. E per quanto il fatto che questa dedica sia indirizzata alle donne risulti notevolmente innovativo per l’epoca, perché presenta le donne come soggetto e non semplice oggetto, Boccaccio ci presenta un’immagine della donna, attiva ma sottomessa, tipica della società misogina che da sempre imprigiona e esercita il controllo sul corpo femminile.
Allora come ora il corpo della donna è proprietà privata ed è per questo che Boccaccio, conoscendo la pericolosità dei libri,  inserisce la componente pedagogica. Così per esempio l’amore peccaminoso di Lisabetta verrà visto come un esempio da non seguire, mentre Griselda sarà il modello di perfezione morale. Da ciò si ricava che la donna attiva, se non controllata, sbaglia.

È partendo da questa visione che anche l’amore, uno dei temi principali del Decameron, ha tutta un’altra interpretazione. La genialità di Boccaccio sta nel non avere tabù e tantomeno il compiacimento di non averne, quindi l’amore è presentato nella sua forma più naturale: il sesso. L’amore qui è bisogno universale al quale il corpo non può sottrarsi e per soddisfare questa necessità si aguzza l’ingegno; esso abbatte le barriere sociali e lega una nobile a un servo, come capita a Ghismunda, o una ricca borghese a un giovane di bottega, come accade tra Lisabetta e Lorenzo.
Il bisogno di amore ribadisce ancora una volta la necessità del controllo sul corpo femminile che, se lasciato libero all’impulso passionale, costituisce un pericolo. Da una parte la donna in sé è un pericolo perché spinta dal desiderio sessuale; dall’altra parte diventa un pericolo per gli uomini che, giustamente, non si tirano indietro nel soddisfarla. Così per quanto Boccaccio si sforzi di presentarci una visione dell’amore come passione profonda e seria, o gioco piacevole e leggero, il messaggio di amore come vergogna, peccato e pericolo passa comunque. Ciò si può riscontrare leggendo la novella di Alatiel, in quanto l’insegnamento è sicuramente quello di tenere a bada i propri desideri e i propri impulsi perché portano alla morte. Questa considerazione si rifà in modo particolare alla riflessione morale di Seneca, che condanna l’eccesso di desideri e il loro soddisfacimento, mentre indica l’uomo virtuoso come quello in grado di diminuirli.

Ora e allora è ancora così  il Decameron resta un’opera magica, in grado di offrire infinite chiavi di lettura da cui derivano infinite interpretazioni; perché si sa: per vedere un nuovo mondo basta cambiare angolazione.

(tema di Virginia Volonté classe 3 a.s. 2013-14)