I due cervelli: da un’intervista a Rita Levi Montalcini

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                                                 Rita Levi Montalcini

Rita Levi Montalcini intervistata da Paolo Giordano, giovane fisico e scrittore italiano, parla dei due cervelli dell’homo sapiens e spiega come funzionano:
“RLM sta scrivendo un nuovo libro. E questa è la prima sorpresa. Diamo per scontato che a cento anni ci si porti addosso più passato che futuro, ma la Professoressa non comincia dalla guerra, o dal Nobel o dal suo soggiorno statunitense: comincia dal libro che sta scrivendo. Dice: «Non so se piacerà agli altri quanto piace a me. Te lo racconto brevemente. Quello che in molti ignorano è che il nostro cervello è fatto di due cervelli. Un cervello arcaico, limbico, localizzato nell’ ippocampo, che non si è praticamente evoluto da tre milioni di anni fa a oggi, e non differisce molto tra l’ homo sapiens e i mammiferi inferiori. Un cervello piccolo, ma che possiede una forza straordinaria. Controlla tutte quelle che sono le emozioni. Ha salvato l’ australopiteco quando è sceso dagli alberi, permettendogli di fare fronte alla ferocia dell’ ambiente e degli aggressori. L’ altro cervello è quello cognitivo, molto più giovane. È nato con il linguaggio e in 150.000 anni ha vissuto uno sviluppo straordinario, specialmente grazie alla cultura. Si trova nella neo-corteccia. Purtroppo, buona parte del nostro comportamento è ancora guidata dal cervello arcaico. Tutte le grandi tragedie – la Shoah, le guerre, il nazismo, il razzismo – sono dovute alla prevalenza della componente emotiva su quella cognitiva. E il cervello arcaico è così abile da indurci a pensare che tutto questo sia controllato dal nostro pensiero, quando non è così». (…) RLM fatica a vedere – è l’ età -, ma mentre parla ti guarda sempre. Sbatte le palpebre a una frequenza che è la metà, forse un terzo della mia, come se il suo tempo scorresse un po’ più lento. «Il cervello arcaico ha salvato l’ australopiteco, ma porterà l’ homo sapiens all’ estinzione. La scienza ha messo in mano all’ uomo potenti armi di distruzione. La fine è già alla portata». È seduta composta. Indossa un abito dei suoi, elegante, completamente nero, che scende fino alle caviglie. Le spalline sporgenti sembrano mimare l’ acconciatura ondulata dei capelli, divisi in due emisferi. Al centro del petto una complicata spilla d’ oro. Impossibile non crederle mentre predice la fine. Supponiamo che tutto vada bene e che per un po’ non ci estinguiamo, – provo ad approfondire – cosa arriva dopo l’ homo sapiens? Ma RLM si ritrae: «Non sono una futurologa. Posso solo vedere quello che capita oggi. Il passato lo conosco. Il futuro… speriamo». Poi fa una pausa. Si sporge verso di me: «Paolo, come vedi il tuo futuro? (…) Bisognerebbe spiegarlo ai giovani, dei due cervelli. I giovani di oggi si illudono di essere pensanti. Il linguaggio e la comunicazione danno loro l’ illusione di stare ragionando. Ma il cervello arcaico, maligno, è anche molto astuto e maschera la propria azione dietro il linguaggio, mimando quella del cervello cognitivo. Bisognerebbe spiegarglielo». Lei ha idea… RLM: «Paolo, dammi del tu. Altrimenti…». Tentenno. Riparto. Tu hai idea del perché i giovani oggi avvertano un così forte senso di minaccia riguardo al futuro? RLM: «Più che una minaccia, avvertono la precarietà in tutto. C’ è una difficoltà nel rendersi conto che il nostro comportamento è molto complesso, che il cervello è fatto di tante componenti. E c’ è una difficoltà nel vedere in ogni catastrofe la possibilità di un rovesciamento. Forse io sono un’ innata ottimista, ma penso che ci sia sempre qualcosa che ci salva. Le leggi razziali (nel 1938, ndr) si sono rivelate la mia fortuna, perché mi hanno obbligata a costruirmi un laboratorio in camera da letto, dove ho cominciato le ricerche che mi hanno in seguito portato alla scoperta dell’ Ngf». (…) L’ età, gli impegni e anche i grandi riconoscimenti non hanno un po’ affievolito la tua fame di scoperta?» RLM: «Al contrario. L’ hanno accresciuta. Io ho ottimi rapporti con le giovani che lavorano qui, perché sentono che posso aggiungere qualcosa che manca alla loro formazione: l’ intuito».
(Repubblica 19 febbraio 2009)