Il Decameron di Pasolini

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Pasolini come GiottoPasolini come Giotto

Il Decameron è un film del 1971 che presenta nove novelle dal Decameron di Boccaccio. Le riprese ebbero luogo tra settembre e ottobre del 1970 e furono girate in Italia, Francia e Yemen. Il film vinse l’Orso d’argento al Festival di Berlino nel 1971.
“Decameron è un’opera che vuole essere completamente gioiosa, in maniera astratta.” dichiarò il regista. E aggiunse: “La gioia di vivere che c’era nel Boccaccio (anche nei racconti tragici) proviene dall’ottimismo del Boccaccio. (…) Evidentemente, per me tutto questo non avviene. Io ho ritagliato un Boccaccio mio, particolare. Il mio Boccaccio è infinitamente più popolare del Boccaccio reale.
(…) Quindi ho ritrovato quella gioia (che nel Boccaccio è giustificata ottimisticamente dal fatto che lui viveva la nascita meravigliosa della borghesia) e l’ho, diciamo così, sostituita con quella innocente gioia popolare, in un mondo che è ai limiti della storia, e in un certo senso fuori della storia.”
Nei dialoghi è utilizzato il dialetto napoletano. “Ho scelto Napoli”, dirà Pasolini, “perché è una sacca storica: i napoletani hanno deciso di restare quello che erano e, così, di lasciarsi morire”.
Cinque dei nove racconti sono “licenziosi”, cioè l’erotismo vi ha il sopravvento. Quanto alla sessualità, la pietra dello scandalo per i ben pensanti ‘tradizionali’ dell’epoca, Pasolini la rappresenta con sobria essenzialità. Con Decameron, così come per gli altri due film della “trilogia della vita”, Pasolini si propose di esaltare i valori della corporeità e della vitalità sessuale.
Il commento musicale del film, che si richiama a melodie della tradizione napoletana, fu elaborato dallo stesso Pasolini con la collaborazione di Ennio Morricone. Anche in Decameron come in tutti i film di Pasolini gli attori sono in gran parte non professionisti, tra i professionisti ricordiamo Ninetto Davoli, che è Andreuccio e Franco Citti, Ciappelletto.

Il realismo di Boccaccio e quello di Pasolini
Nel Decameron di Boccaccio “la narrazione di fatti realmente avvenuti della vita presente” diviene “divertimento di persone colte”; il racconto realistico diviene intrattenimento di una cerchia di giovani nobili e istruiti, cavalieri e damigelle, che possiedono gusto e giudizio raffinati. La narrazione di Boccaccio utilizza uno stile medio, che unisce il realistico a una elegante forma linguistica (E.Auerbach, Saggi sul realismo medievale, Einaudi Scuola, p.93). Boccaccio anche quando descrive la realtà più bassa, volgare, popolare utilizza sempre uno stile elegante, raffinato, si può prendere come esempio la scambio di battute tra le donne della contrada Malpertugio e Andreuccio nella omonima novella.
Se si confronta questa scena con quella del film di Pasolini si coglie immediatamente la differenza tra il realismo di Boccaccio e quello di Pasolini. Pasolini non ingentilisce la realtà, la rappresenta senza mutarla. Il realismo di Pasolini è diverso da quello di Boccaccio in primo luogo per motivi storici. Nel corso dei seicento anni che separano Boccaccio da Pasolini il modo di rappresentare la realtà è molto mutato. Una tappa fondamentale di questo mutamento è stata alla fine dell’Ottocento il verismo, una corrente letteraria italiana che faceva della rappresentazione diretta della realtà la sua poetica. Nel cinema invece è da ricordare il neorealismo dell’immediato dopoguerra che portava sugli schermi le storie dell’Italia più povera. Per questo la rappresentazione della realtà degli artisti moderni e di Pasolini tra questi è molto cruda, non esclude, non nasconde nulla, neanche ciò che può disturbare, infastidire il lettore o spettatore.

Link: Vita di Pier Paolo Pasolini

Tre novelle del Decameron di Pasolini: Andreuccio, Lisabetta e la novella dell’usignolo