Altre opere di Ariosto: satire, commedie e rime

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Satire
Le Satire sono sette componimenti in terzine, nella forma di lettere indirizzate ad amici e conoscenti. In esse il poeta trae spunto da eventi autobiografici per discutere di vari argomenti.
Nella prima satira  racconta perché si sia rifiutato di seguire il cardinale Ippolito d’Este nella sua sede in Ungheria. Questo fatto è un pretesto per criticare il signore e i cortigiani adulatori e servili.
Nella seconda satira il bersaglio della polemica ariostesca è il mondo ecclesiastico e la curia papale di cui si descrive la corruzione. Nella terza satira, scritta in occasione del’assunzione al servizio del duca Alfonso, obbiettivo polemico torna ad essere la corte, i cortigiani e le loro ridicole preoccupazioni.
Nella quarta satira racconta della sua esperienza di governatore ducale in Garfagnana. Ariosto, rimasto senza stipendio, è ben contento che il duca lo abbia rimesso al lavoro, altrimenti avrebbe dovuto andare a procacciarsi di che vivere al servizio di qualche altro signore, ma l’incarico non gli piace e per di più lo tiene lontano dalla sua amata Ferrara “dai dolci studi e da una cara compagnia” (satira IV v.170). Nella lunga satira quinta consiglia al suo amico Annibale che sta per sposarsi come comportarsi, mentre nella sesta si discorre dei vizi degli umanisti. Nella settima il poeta motiva il suo rifiuto a recarsi come ambasciatore a Roma presso il papa e ancora polemizza con l’ipocrisia dei cortigiani e rimpiange la tranquillità della sua vita a Ferrara.
Nelle sette satire Ariosto dipinge un ritratto di sè come di un uomo pigro e insofferente, indifferente agli onori e alle ricchezze , libero e anticonformista.
Il modello a cui Ariosto ispira questo suo ritratto è il poeta latino Orazio. Vissuto al tempo di Cesare e di Augusto, Orazio aveva scritto libri di satire, da lui chiamate sermones,  epistole e odi. Con questo antico poeta, di spirito libero e indipendente e molto saggio, Ariosto sentiva una profonda affinità.
Le satire di Ariosto, come quelle  di Orazio, sono scritte in uno stile medio, hanno un tono colloquiale, parlano di sé con continui e precisi riferimenti alla società contemporanea.
Commedie
Ariosto scrisse cinque commedie la Cassaria, i Suppositi, il NegromanteI Studenti (incompiuta), la Lena. Già al tempo di Ercole I la corte di Ferrara era famosa per i suoi spettacoli teatrali.
È a Ferrara che nel 1486 vanno in scena per la prima volta in Italia e in Europa i Menecmi, una commedia di Plauto tradotta in volgare .
I primi spettacoli vengono allestiti nei cortili o nelle sale del palazzo signorile, poi verrano costruite delle strutture fisse dedicate alle rappresentazioni teatrali. Il primo teatro stabile in Europa, attualmente non più esistente,  è costruito a Ferrara nel 1531 e Ariosto e ebbe dal duca Alfonso I l’incarico di organizzatore degli spettacoli di corte.
Le commedie di Ariosto sono le prime commedie in lingua volgare a essere rappresentate in Italia. La Cassaria e i Suppositi vengono messi in scena nel 1508 – 1509.
Le commedie di Ariosto hanno come modelli le commedie di Plauto e di Terenzio di cui riprendono i personaggi: il vecchio, i servo, il giovane innamorato, e le situazioni: scambi di persona, equivoci, riconoscimenti.
La Cassaria è ambientata a Lesbo, mentre le commedie successive sono ambientate a Cremona o Ferrara e hanno frequenti riferimenti alla realtà quotidiana contemporanea all’autore e agli spettatori.
Rime
Ariosto scrisse rime sia in lingua latina che in volgare.
Non ordinò mai né le une né le altre in raccolte organizzate, tanto che esse vennero pubblicate solo postume. Le rime latine scritte da giovane sono esercizi di stile che testimoniano lo studio degli antichi poeti latini, Catullo, le odi di Orazio, Virgilio, i poeti elegiaci, Tibullo e  Properzio.
Le rime in volgare hanno tema amoroso e seguono il modello del Canzoniere petrarchesco.

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