Umanesimo e Rinascimento in Italia

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L’euro italiano con l’ Uomo vitruviano, dal disegno di Leonardo da Vinci, 1490, Gabinetto dei disegni e delle stampe Galleria dell’Accademia Venezia

Il periodo, i luoghi, i principali umanisti
L’Umanesimo – Rinascimento è un movimento intellettuale, letterario e artistico nato in Italia a partire dalla metà del XIV secolo.
I precursori di questo movimento, in ambito letterario, sono stati Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. Tra i principali umanisti ricordiamo : Coluccio Salutati, Leonardo Bruni, Lorenzo Valla, Angelo Poliziano , Leon Battista Alberti, Marsilio Ficino, Giovanni Pico della Mirandola .
I termini: Umanesimo e Rinascimento
La parola umanesimo, coniata dallo storico tedesco George Voigt nel 1859, deriva da umanista, termine che nel Quattrocento indicava lo studioso di humanitas, ovvero gli studi di grammatica, retorica, poesia, storia e morale.
Il termine humanitas indicava nell’antichità latina l’educazione (in greco paideia) che si raggiunge attraverso lo studio di un insieme di discipline che formano l’uomo.
Rinascimento, nella maggior parte delle lingue europee Renaissance, deriva dal termine italiano   « rinascita » , utilizzato da Giorgio Vasari (pittore e architetto di Arezzo), in Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti per indicare la rinascita della pittura e della scultura dopo la « ruina estrema » delle arti durante il Medioevo.

L’idea della rinascita

Longomontanus Christensen, Astronomia danica, Amsterodami, 1622

Longomontanus Christensen, Astronomia danica, Amsterodami, 1622

Con il termine rinascita gli intellettuali del tempo esprimevano la consapevolezza di appartenere a un’età nella quale avveniva la rinascita dell’età antica e la realizzazione di una nuova età dell’oro, come scrive Marsilio Ficino in una sua lettera “ Se dunque c’è un’età dell’oro essa è senza dubbio quella che produce ingegni d’oro. e che tale sia questo nostro secolo nessuno che vorrà prendere in considerazione le sue mirabili conquiste lo metterà in dubbio. Questo secolo ha riportato alla luce le arti liberali già quasi scomparse la grammatica, la poesia, l’oratoria, la pittura, la scultura, l’architettura, la musica e perciò può dirsi aureo. E questo è accaduto a Firenze” (H.Grosser, Il canone letterario, Quattrocento e Cinquecento, p.40, vol.2 Principato, 2009)
Il Rinascimento nasce in opposizione al Medioevo: sono proprio gli umanisti a inventare il termine Medioevo per indicare l’età di mezzo, media aetas , tra loro e gli uomini antichi del mondo latino e greco.
Gli umanisti si sentono « uomini nuovi » tra gli uomini del Medioevo ed essere uomini nuovi significa essere come gli antichi uomini vissuti al tempo di Roma. Un nuovo mondo è quello che gli umanisti vogliono far rinascere e questo mondo è il mondo antico.
Francesco Petrarca fu il primo a esprimere questa nuova sensibilità in una lettera all’amico cardinale Giovanni Colonna in cui esprime disprezzo verso gli uomini del suo tempo, che considera dei morti viventi, e ammirazione per gli antichi. “Queste persone che un avverso destino mi ha dato compagne di vita, le dimentico con grande piacere e pongo ogni attenzione per fuggire i contemporanei e per seguire gli antichi (…) molti certo si stupirebbero perché io tanto mi compiaccia di stare con i morti piuttosto che con i vivi. Ai quali risponderebbe la verità che vivono coloro che morirono con gloria e virtù; costoro che vivono tra mollezze e falsi piaceri rammolliti nel sonno e nella lussuria (..) anche se sembrano vivere, sono soltanto cadaveri putrefatti e deformi” Petrarca da Epistole Familiari VI 4 al cardinale Giovanni Colonna, 1342.

Umanesimo e Rinascimento due eventi solo culturali

Masaccio, La cacciata di Adamo e Eva, Cappella Brancacci, Firenze

Masaccio, La cacciata di Adamo e Eva, Cappella Brancacci


I due termini umanesimo e rinascimento hanno assunto nel tempo, e lo avevano anche per gli umanisti, un significato positivo, tuttavia “ la positività del Rinascimento intrinseca alla sua stessa denominazione, i suoi valori, i suoi significati nel corso della civiltà moderna, vengono indicati sempre nell’ambito delle arti, delle lettere, del pensiero, dell’educazione ossia in fatti di cultura. (…) In altri termini se di rinascita, di risveglio, di vita nuova può parlarsi, e proprio in Italia dove il fenomeno si avviò e sviluppò nei modi più vistosi, il discorso sembra valere solo sul piano della cultura. (…) E di fatto il mondo che si riflette nelle grandi opere e nelle grandi figure del primo Rinascimento italiano è un mondo più spesso tragico che lieto, più spesso duro e crudele che pacificato, più spesso enigmatico ed inquieto che limpido e armonioso. Leonardo da Vinci è ossessionato da visioni catastrofiche, Alberti insiste nelle sue pagine sulla fortuna cieca che insidia e spezza la virtù. Machiavelli è il teorico di una umanità radicalmente cattiva, impegnata in una lotta senza pietà e posta sempre di fronte a scelte crudeli. (…) Di fatto la vita e la storia erano nel ‘400 veramente tragiche in un’Italia corsa da guerre, insanguinata da congiure (…). Il Rinascimento è un fatto culturale di vastissima portata, i cui effetti opereranno sempre più in profondità, con ripercussioni sempre più vaste, ma gradualmente, col passare del tempo Gli ideali di vita che l’umanesimo italiano del XV secolo afferma con tanta passione, contro un mondo che li ignora o li respinge, solo dopo lunghissime lotte riusciranno a determinare risultati concreti nella società.” (Eugenio Garin, La cultura del Rinascimento in Guglielmino Grosser, Quattrocento e Cinquecento, vol.2 pp.289-290, Principato, 1993)
Consapevolezza del divenire storico
“Proprio l’atteggiamento assunto di fronte alla cultura del passato, definisce chiaramente l’essenza dell’umanesimo. E la peculiarità di tale atteggiamento non va collocata in un singolare moto di ammirazione , né in una conoscenza più larga, ma in una ben definita coscienza storica. I “barbari”non furono tali per avere ignorato i classici, ma per non averli compresi nella verità della loro situazione storica. Gli umanisti scoprono i classici perché li distaccano da sè. Perciò l’umanesimo ha veramente scoperto gli antichi, siano essi Virgilio o Aristotele pur notissimi nel Medioevo: perché ha restituito Virgilio al suo tempo e al suo mondo, e ha cercato di spiegare Aristotele nell’ambito dell’Atene del quarto secolo avanti Cristo. Per cui non può né deve distinguersi nell’umanesimo la scoperta del mondo antico e la scoperta dell’uomo, perché furono tutt’uno; perché scoprire l’antico come tale fu commisurare sé ad esso e staccarsene e porsi in rapporto con esso. Significò tempo e memoria (scoperta dell’antico) e senso della creazione umana e dell’opera terrestre e della responsabilità (scoperta dell’uomo).” (Eugenio Garin, L’umanesimo italiano, Economica Laterza, pp.21-22) .
Filologia
Il punto in cui si realizzò questa presa di coscienza fu la filologia umanistica, che mise a punto un metodo di indagine critica dei testi antichi.
Gli umanisti sono intellettuali laici, grammatici, storici, politici, attivi nelle città e corti italiani, in polemica con la cultura filosofica del tempo, alla quale opponevano l’aurea sapientia dei filosofi e degli scrittori del periodo antico.
Per questo l’umanesimo fu innanzitutto un ritorno allo studio dei testi classici in latino e in greco. Lo studio del greco fu avviato a Firenze da Petrarca e Boccaccio e continuò nel corso del Quattrocento fino agli inizi del Cinquecento grazie alla colonia di dotti greci (Emanuele Crisolora, l’Argiropulo, Demetrio Calcondila, la famiglia Lascaris, Gemisto Pletone) venuti da Costantinopoli prima e dopo il 1453, quando Costantinopoli venne conquistata dall’impero ottomano, a Firenze e a Venezia.
I principali testi degli umanisti sono scritti in latino, non è più utilizzato il latino medievale, considerato rozzo e sgrammaticato, ma il latino dei grandi autori del passato in primo luogo Cicerone per la prosa e Virgilio per la poesia.
I testi classici erano stati letti e studiati anche nei secoli precedenti, ma ora gli umanisti li leggono e studiano con uno spirito nuovo. Essi vogliono riscoprire la forma originaria degli antichi testi latini. Per fare questo gli umanisti dedicano molte delle loro energie intellettuali a leggere e riscrivere gli antichi manoscritti, che ritrovano, ammuffiti e mal messi, nelle biblioteche di chiese e conventi. Una volta ritrovati i testi vengono corretti dei numerosi errori, che si sono accumulati nel corso delle precedenti copiature , e ricopiati.
Tra i più importanti ritrovamenti degli umanisti ricordiamo : Petrarca che riporta alla luce le Epistulae familiares di Cicerone, Poggio Bracciolini che ritrova le opere di Quintiliano, Cicerone e Valerio Flacco, e il De rerum natura di Lucrezio, testo da secoli completamente dimenticato e che avrà grande importanza nei secoli a venire perché in esso Lucrezio, poeta latino del I secolo a.C., espone i principi della filosofia epicurea. (link: Lucrezio una scoperta che aprì il Rinascimento di Paolo Mieli.)
Questa attività continua con le edizioni a stampa dei classici latini e greci; da ricordare quelle dell’editore Aldo Manuzio che fondò a Venezia una tipografia che divenne molto famosa per le edizioni di testi latini e greci. Famosa fu un’ edizione delle opere di Virgilio del 1501 pubblicata in un nuovo formato che rendeva il libro tascabile . link: Aldo Manuzio
Gli umanisti sono in primo luogo dei ricercatori di testi antichi, sono dei filologi, il loro intento è di ristabilire il testo nella sua forma originaria, liberandolo da errori e interpolazioni.  Sono lettori critici dei testi antichi, che controllano parola per parola, per scoprire e correggere gli errori che la tradizione manoscritta vi ha accumulato. “I filologi affrontano ogni documento, ogni carta, ogni libro,considerando che così come si presenta, esso è un fatto umano, una traccia e una risonanza umana, e come tale soggetta a esame e discussione critica”  (E. Garin , op.cit. , p. 14)
Il filologo umanista di fronte al testo ha una serie di quesiti che deve porsi e risolvere: chi ha scritto quel testo, quando lo ha scritto, dove lo ha scritto, che cosa esattamente è scritto in quel testo.
Questo modo di porsi di fronte ai testi antichi era nuovo e rivoluzionario significava:
a. considerare il libro non più un’auctoritas , ovvero depositario di idee e verità valide in assoluto e per sempre, ma un prodotto storico. I libri sono opere umane, di uomini di un preciso luogo, tempo, situazione storica.
b. sviluppare un atteggiamento critico nei confronti della tradizione, la filologia umanistica mette a punto un metodo di indagine scientifica dei testi, che permette di verificarne l’autenticità.
Questo modo di affrontare i testi antichi, che a noi sembra del tutto normale, era una novità al tempo dei primi umanisti, quando nessuno studioso si preoccupava che i testi letti fossero pieni di errori e inesattezze. Gli umanisti per primi, dopo lungo tempo, comprendono l’importanza di testi certi, sicuri, corretti .
L’esempio più significativo delle potenzialità di questo nuovo metodo è sicuramente dato dall’opera di Lorenzo Valla Discorso sulla falsa e menzognera donazione di Costantino (De falso credita et ementita Costantini donatione declamatio).
In questa opera Valla dimostra che il documento, con cui l’imperatore Costantino aveva attribuito a papa Silvestro e ai suoi successori il potere sulla parte occidentale dell’impero, documento che era utilizzato dalla Chiesa per rivendicare la sua superiorità sui sovrani dell’Occidente e sullo stesso imperatore, era un documento falso, scritto molto tempo dopo la morte di Costantino e papa Silvestro. Per esempio Valla nota che la città che viene chiamata Costantinopoli nel documento, in realtà si chiamava ancora Bisanzio.
« Ma ben più assurdo e fuori del naturale è che si parli di Costantinopoli come di una delle sedi patriarcali, mentre non era ancora né sede né città cristiana né così chiamata né fondata né ancora s’era pensato di fondarla, poiché il privilegio fu concesso tre giorni dopo che Costantino era diventato cristiano, mentre esisteva ancora Bisanzio e non Costantinopoli » (Lorenzo Valla Discorso sulla falsa e menzognera donazione di Costantino paragrafo 44 in Scritti filosofici e religiosi, Firenze, 1953).
I filologi umanisti affrontano “ogni documento, ogni carta, ogni libro, considerando che, così come si presenta, esso è un fatto umano, una traccia e una risonanza umana, e come tale soggetta a esame e a discussione critica” (Eugenio Garin, L’Umanesimo italiano, p.14 Laterza, 1994). E’ attraverso lo studio degli antichi testi che gli umanisti mettono a punto un nuovo metodo di indagine che approda alla storicizzazione del pensiero umano e alla conquista “del senso dell’antico come senso della storia” (Eugenio Garin, op.cit., p.16), ciò permette di valutare il pensiero e i testi antichi, da quelli di Aristotele e Tolomeo alle sacre scritture, per ciò che essi sono veramente “pensamenti di uomini, prodotti di una certa cultura, risultati di parziali e particolari esperienze: non oracoli della natura o di Dio, rivelati da Aristotele o Averroè, ma immagini ed escogitazioni umane”(Eugenio Garin, op.cit., p.16).
Studia humanitatis
“Studi questi che si chiamano di umanità perchè perfezionano e adornano l’uomo” Leonardo Bruni Epistole

Il termine Umanesimo deriva dall’espressione studia humanitatis con cui si indicavano l’insieme di studi letterari e filosofici che avevano come oggetto l’uomo, distinguendoli da quelli che avevano come oggetto la natura e il divino.
La parola humanitas, già nell’antica Roma, viene usata per indicare l’insieme delle qualità morali e culturali che distingue l’uomo dagli altri animali terrestri, in particolare: la generosità, la razionalità, la sensibilità, la cultura, la moderazione, la filantropia, la comprensione profonda per la condizione umana.
Il termine studia humanitatis viene ripreso in Italia in particolare a Firenze verso la fine del Trecento per denominare l’insieme degli studi letterari e filologici dei testi classici antichi greci e latini.
Come scrive Leonardo Bruni, umanista fiorentino della fine del XIV secolo, questi studi dovevano “formare l’uomo buono, del quale niente può pensarsi di più utile” .
Rinascita e progresso
Per gli umanisti progredire, ovvero rendersi nuovi e migliori rispetto ai propri contemporanei, significa ritornare al principio, questo concetto già filosofico (neoplatonismo) e religioso (cristianesimo) viene ripreso dagli umanisti.
Ritorno al principio significa ritorno all’antico, ai classici, alle comunità antiche, per esempio l’antica res publica romana, ritorno alla natura, forza che produce e vivifica.
Per noi, donne e uomini del XXI secolo, progredire significa cambiare innovare, abbandonare il passato per muoverci verso il futuro; la nostra idea di progresso è legata a ciò che è nuovo e quindi positivo, migliore. Questa nostra idea del progresso si è andata formando nel tempo, è un prodotto della storia del pensiero dell’uomo.

“Faber fortunae suae”

David, Michelangelo, Galleria dell'Accademia, Firenze

David, Michelangelo, Galleria dell’Accademia, Firenze

L’ideale di uomo che viene elaborato nel primo umanesimo fiorentino, detto umanesimo civile, è quello di un uomo fatto di corpo e anima.
Questo ideale non è anti-religioso, anzi il più delle volte gli umanisti hanno una visione cristiana della vita, ma essi rifiutano le componenti ascetiche, il disprezzo della vita terrena, il dominio del giudizio divino sull’uomo del cristianesimo medievale.
L’uomo “artefice della propria fortuna” è un uomo impegnato a soddisfare i suoi bisogni materiali senza sensi di colpa, a ricercare la felicità terrena, a conoscere il mondo in modo razionale, libero da pregiudizi, impegnato nella vita pubblica del suo tempo, utile agli altri uomini.

L’uomo al centro del mondo

Adamo, Michelangelo, Cappella Sistina, Roma

Adamo, Michelangelo, Cappella Sistina, Roma

Ti posi nel mezzo del mondo perchè di là meglio tu scorgessi tutto ciò che è nel mondo”

nel Discorso sulla dignità dell’uomo (Oratio De hominis dignitate) del 1486 Giovanni Pico della Mirandola pone l’uomo, assolutamente libero, sciolto da qualsiasi legame, al centro del creato. E’ una delle idee più potenti e rivoluzionarie del’Umanesimo italiano.

Classicismo

Keith Haring dipinge il David

Keith Haring dipinge il David, XX secolo

“E’ classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l’attualità più incompatibile fa da padrona” (Italo Calvino, Perché leggere i classici, p.12, Oscar Mondadori, 1995)

La riscoperta degli antichi, l’adesione al loro mondo portava come conseguenza il principio di imitazione, vale a dire: i classici avevano realizzato nelle loro opere una perfezione oltre la quale non è possibile andare e quindi non resta che rifarsi a quei modelli, imitarli. Ma ci possono essere due modi di imitare: o un’imitazione passiva che si ritiene soddisfatta se riesce a riprodurre le forme, la perizia tecnica del modello oppure un’imitazione che con una antica frase greca potremmo dire “ rimodella di nuovo la moneta divina”, ovvero un’imitazione che utilizza lo studio del modello antico per dare espressione a ciò che è personale, contemporaneo, moderno.
Due interpretazioni
Alcuni studiosi sottolineano l’importanza del periodo umanistico rinascimentale nella storia delle idee della civiltà occidentale e ritengono che in questo periodo gli studi degli umanisti abbiano costituito una forza di radicale innovazione e posto i fondamenti di quello che oggi chiamiamo « mondo moderno » (N.Abbagnano, Renaissance Humanism p.130 in Dictionary of the History of ideas, P.Wiener, New York, 1973-74). Questa interpretazione è stata degli illuministi e di storici e scrittori dell’Ottocento; uno dei testi in cui essa è espressa è La civiltà del Rinascimento in Italia  di Jacob Burckhardt pubblicato per la prima volta nel 1860 a Basilea.
Nell’immediato secondo dopoguerra il testo “Umanesimo italiano” di Eugenio Garin, pubblicato nel 1947 a Berna in tedesco e poi in italiano nel 1951 a Firenze, ha dato nuova forza a questa interpretazione.
Un’altra interpretazione, emersa agli inizi del Novecento, mette al contrario in evidenza gli elementi di continuità tra Medioevo e Umanesimo e attribuisce all’Umanesimo una funzione ritardante nei confronti dello sviluppo del pensiero moderno occidentale in generale e della scienza moderna in particolare .
Il fascino del Rinascimento italiano
La rinascita delle antiche lettere e dell’arte si diffuse prima nelle corti italiane e poi in quelle europee e divenne un modello per l’educazione e lo stile di vita dell’elité intellettuale europea fino al XIX secolo compreso, pur assumendo forme e significati diversi.
Tuttora il mito del Rinascimento italiano attira nella penisola italiana milioni di stranieri provenienti da tutto il mondo.
Questo mito si deve in gran parte alla bellezza delle opere d’arte, pitture, sculture e architetture, che nel corso del Quattrocento e del Cinquecento fiorirono nelle città italiane, sia nelle piccole corti dell’Italia centrale e settentrionale : Urbino, Perugia, Mantova, Ferrara, Rimini sia nelle grandi città italiane del XV e XVI secolo : Firenze, Roma, Napoli, Venezia, Milano.
link: power point Umanesimo Rinascimento

fonti: Eugenio Garin, L’umanesimo italiano, Economica Laterza, 1994, pp.1-132.
D.Hay Idea of Renaissance in Dictionary of the History of ideas, P.Wiener, New York, 1973-74 vol. IV

Un pensiero su “Umanesimo e Rinascimento in Italia

  1. Mattia Decembrini

    Salve, ho letto il vostro articolo e l’ho trovato molto interessante, in particolare mi ha colpito il seguente passaggio:
    “Un’altra interpretazione, emersa agli inizi del Novecento, mette al contrario in evidenza gli elementi di continuità tra Medioevo e Umanesimo e attribuisce all’Umanesimo una funzione ritardante nei confronti dello sviluppo del pensiero moderno occidentale in generale e della scienza moderna in particolare”.
    Mi chiedevo se aveste fonti bibliografiche da condividere a riguardo.
    Grazie infinite e ancora complimenti.

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