Giuseppe Parini

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Giuseppe Parini nacque a Bosisio in provincia di Como nel 1729 e morì a Milano nel 1799. Fu ordinato prete, senza vocazione. Accettò il programma dell’Illuminismo e l’idea di arte come strumento di educazione all’utile e al bello. Nel poemetto Il Giorno, la sua opera maggiore, presenta un quadro parlante della ridicola nobiltà italiana del Settecento, frivola, superba, vana e oziosa. Per i giovani intellettuali della generazione a lui successiva, tra cui Foscolo, Manzoni e Leopardi,  divenne un modello di integrità morale e di impegno civile.
Milano 1739-1762: la formazione, la prima raccolta di poesie, l’ambiente illuministico e le odi civili
Figlio di un piccolo negoziante di seta, a dieci anni fu condotto a Milano presso una prozia che lo fa studiare a patto che diventi prete. Nel 1752 a 23 anni pubblicò Alcune poesie di Ripano Eupilino, (Ripano è l’anagramma del nome del poeta Parino, Eupilino viene da Eupili il lago di Pusiano presso Bosisio). La pubblicazione della raccolta gli permise l’ingresso nell’Accademia dei Trasformati, nota per la presenza di gentiluomini e letterati aperti alle idee illuministiche. Dalle poesie di questa raccolta emerge l’immagine di un giovane ancora socialmente e intellettualmente isolato, che non conosce i dibattiti dell’ambiente lombardo ed è legato all’Arcadia e al classicismo. Nel 1754 viene ordinato prete ed entra come precettore in casa della duchessa Vittoria Serbelloni dove rimane fino al 1762, quando si licenzia per  aver difeso la figlia del maestro di musica Sammartini, schiaffeggiata dalla duchessa. In questo periodo ha modo di conoscere a fondo il mondo della nobiltà del tempo, che descriverà nel Giorno. Scrive le prime odi civili, dette anche illuministiche, su temi di attualità discussi dagli llluministi milanesi.

1763 – 1799: Il Giorno e le odi, gli incarichi pubblici, gli ultimi anni
Nel 1763 diviene il precettore di Carlo Maria Imbonati figlio del conte Giuseppe Maria Imbonati, colto aristocratico amico di illuministi e letterati, che nel suo palazzo ospitò l’Accademia dei Trasformati. Nel marzo 1763 pubblica Il Mattino e Il Mezzogiorno, prima e seconda parte del poema Il Giorno e altre odi, L’educazione, L’innesto del vaiuolo, Il Bisogno, anche queste su argomenti attuali.
Il conte di Firmian, ministro del governo asburgico in Lombardia, cominciò a proteggerlo e gli affidò nel 1768 la direzione del giornale La Gazzetta di Milano e nel 1769 la cattedra di eloquenza nelle Scuole Palatine di Milano, incarico che gli garantì la tranquillità economica. Negli anni a seguire ebbe numerosi altri incarichi istituzionali, nel 1792 diviene Sovrintendente delle Scuole di Brera. Continua a scrivere odi, ora non più di argomento civile e impegnato, ma di carattere intimo e personale La Caduta, Alla Musa, Il dono, e a lavorare all’ultima parte del Giorno intitolata  inizialmente La Sera, e poi Il Vespro e La Notte, che però non porterà a termine.
Dopo la Rivoluzione francese e l’arrivo dei francesi a Milano nel 1796 Parini accettò la nomina a  membro della Municipalità cittadina, istituita dopo l’occupazione francese di Milano. Parini pur condannando gli eccessi della Rivoluzione francese e in particolare la stagione del Terrore, condivise pienamente gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità che avevano animato la rivoluzione.  Ma il governo dei francesi lo deluse. Al ritorno degli Austriaci a Milano non fu toccato dalle pesecuzioni contro chi aveva collaborato con i francesi, probabilmente per la lunga collaborazione avuta con il governo austriaco. Nell’agosto del 1799  scrive il suo ultimo componimento Predaro i Filistei, in cui, dietro la finzione di un episodio biblico, tratta  della situazione politica del momento, nello stesso mese muore.

LE OPERE
Il Dialogo sopra la nobiltà
E’ un breve dialogo, scritto nel 1757,  che ha come protagonisti un poeta e un nobile. L’autore immagina che dopo la morte un poeta venga seppellito vicino ad un nobile, i due discutono animatamente perché il nobile si lamenta della vicinanza del poeta, che non è un nobile, vantando la propria superiorità e nobiltà, ma il poeta gli dimostra che gli uomini sono tutti uguali e che la nobiltà di sangue non serve a nulla, non ha valore se non si hanno meriti personali. Il nobile perde tutte le certezze, si rammarica per non averlo conosciuto prima perché se così fosse stato, sicuramente, non avrebbe vissuto con la presunzione di essere nobile.
Le Odi
La raccolta definitiva delle Odi, pubblicata nel 1795, comprende 25 odi, composte tra il 1758 e il 1795. Si possono riunire i principali componimenti in due gruppi. Il primo comprende le odi illuministiche, composte tra il 1758 e il 1766 circa, tra queste ricordiamo: La salubrità dell’aria, sull’inquinamento atmosferico di Milano provocato da marcite e risaie e da rifiuti, letame ed escrementi che giacciono in strada e nei cortili della città; La Musica, sull’uso di castrare i giovinetti per avviarli alla carriera di cantanti; L’innesto del vaiuolo, a favore della diffusione del vaccino antivaioloso e del progresso della scienza in generale; Il bisogno, dedicato al giudice Wirtz, in cui Parini riprende l’idea, già espressa da Beccaria, che “è meglio prevenire i delitti che punirli” e individua nella povertà la principale causa dei delitti che la legge  punisce e reprime. In queste odi lo stile elevato e classicheggiante è variato con l’introduzione di termini tecnici e scientifici e di immagini basse.
Il secondo gruppo comprende le odi, scritte negli ultimi anni di vita, La caduta,  Alla Musa, Il dono e   Il messaggio,  in cui il poeta propone la riflessione sugli ideali della propria vita: l’educazione, la bellezza, il disinteresse per la ricchezza e il potere. Lo stile di queste odi è quello elegante e raffinato del neoclassicismo,  la lingua è  aulica, le immagini perfette nella loro armonia ed equilibrio.
Il Giorno
Il Giorno è un poemetto in endecasillabi sciolti diviso in quattro parti: il Mattino, il Mezzogiorno pubblicate nel 1763 e 1765, il Vespro e la Notte, rimaste incompiute e stampate postume nel 1801. L’idea originaria era quella di una triade di poemetti: Mattino, Meriggio e Sera. Nell’opera si rileva la sovrapposizione di due generi letterari diversi, quello didascalico e quello satirico. Il Giorno è infatti un poema didascalico satirico, didascalico perché Parini si presenta, in prima persona, come il precettore di un giovane nobile, che deve essere istruito sul modo migliore e più conveniente al suo rango di trascorrere la giornata. Satirico perché il vero intento del poeta non è di istruire il giovane nobile ma di smascherare i vizi e le nefandezze della nobiltà italiana del tempo. La satira nasce dall’utilizzo della figura retorica dell’ironia, che consiste nel dire ciò che si pensa affermando il contrario.
Attraverso l’intonazione ironica, il lettore capisce immediatamente che Parini non intende scrivere un galateo di comportamento per i nobili ma condannare la loro vita oziosa, inutile, egoista e corrotta. Parini denuncia anche la miseria in cui vive la gente del popolo, in stridente contrasto con il lusso  in cui vive la nobiltà. Si possono distinguere due fasi della redazione de Il Giorno corrispondenti a due momenti storici diversi. La prima fase è quella a cui appartengono la redazione  del Mattino e del Mezzogiorno pubblicati nel 1763 e 1765,  la seconda  corrispondente alla revisione delle prime due parti e alla stesura delle ultime due parti Vespro e Notte, a cui Parini lavorò fino alla morte senza portarle a termine. A queste due fasi corrisponde un netto cambiamento di rappresentazione della nobiltà. Nella seconda redazione e nelle parti scritte del Vespro e della Notte il giudizio negativo si radicalizza, la nobiltà è descritta come un mondo in sfacelo destinato a scomparire, come in effetti stava accadendo.
Lo stile è classicamente nitido con forme elette. La lingua è quella della tradizione alta della lirica italiana, intessuta di latinismi. Le figure retoriche dominanti sono l’ironia, l’iperbole, l’anastrofe e inversione.
Il Mattino
Nei primi versi del poema Parini descrive il risveglio del Giovin signore, mettendolo a confronto con quello di un contadino e di un fabbro che si alzano all’alba per riprendere il lavoro del giorno precedente. Il Giovin Signore invece si alza quando il sole è già alto in cielo.  L’episodio più noto del Mattino è quello della colazione: cosa preferisce il Giovin signore? La cioccolata o il caffè? La mattinata del Giovin signore prosegue con le visite  del maestro di ballo, di canto e di violino e infine del precettore di francese. Servi e valletti aiutano il Giovin Signore a lavarsi, poi il parrucchiere  pettina, arriccia e incipria i capelli, infine si procede con la vestizione. Completata così la sua preparazione il giovane aristocratico può finalmente raggiungere per il pranzo la sua dama, con una corsa a folle velocità in carrozza  per le vie della città, che mette in serio pericolo l’incolumità dei passanti.
Il Meriggio
Giunto dalla dama, di cui è il cicisbeo, ovvero il corteggiatore autorizzato dal marito, Il Giovin Signore si mette a tavola insieme alla sua dama e ad altri nobili. Si mangia e si chiacchiera pettegolando, infine si prende il caffè e ci si prepara a giocare al tric trac. Episodi famosi del Meriggio sono il racconto della Favola del Piacere e l’episodio della Vergine cuccia. Nella Favola del piacere Parini spiega l’origine della distinzione tra nobili e plebei; i nobili sono gli uomini capaci di provare piacere, alla plebe, che non è in grado di provare piacere, è stato riservato il lavoro, la povertà e la servitù. Nell’episodio della vergine cuccia, un nobile vegetariano racconta di quando la dama licenziò un servo per avere dato un calcio alla sua cagnolina. In questo episodio Parini sospende l’ironia e mostra apertamente il suo disprezzo per la stupida crudeltà dei nobili. Il Meriggio termina con la scelta della carrozza per la passeggiata al tramonto.
Il Vespro
Il vespro, ovvero la sera, è impiegato nella passeggiata in carrozza, interrotta da alcune visite: prima a una dama appena ripresasi da una crisi di nervi e poi a una che ha appena partorito il suo primo figlio. È questa la parte più breve del Giorno.
La Notte
E’ la parte più cupa del poema. Parini descrive il ricevimento notturno offerto da una gran dama e passa in rassegna gli invitati, “la sfilata degli imbecilli”, descrivendo i tic, le manie, le ossessioni di ciascuno, tutti sono impegnati ad apparire e a mettersi in mostra.