Vita di Giacomo Leopardi

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Giacomo Leopardi (Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837) è stato un poeta, filosofo e filologo italiano.
Nel corso della sua breve e infelice vita ha pubblicato i Canti, una raccolta di quarantuno componimenti poetici, le Operette Morali, ventiquattro racconti fantastici e satirici di argomento filosofico, e altre opere meno note. Ha anche scritto lettere a familiari e amici raccolte in un Epistolario, lo Zibaldone, una raccolta di appunti (circa cinquemila pagine) di vario argomento e i Paralipomeni della Batracomiomachia (Continuazione della battaglia tra rane e topi) un poemetto satirico sulla situazione politica italiana del suo tempo.

Recanati 1798 – 1819 : lo ” studio matto e disperatissimo”, la fuga, la cattiva salute, L’Infinito e i piccoli idilli, le canzoni.
Nato in una famiglia nobile di Recanati, piccolo “borgo” delle Marche, Leopardi trascorre l’infanzia e la prima giovinezza impegnato negli studi insieme al fratello Carlo e alla sorella Paolina sotto la guida del padre. Il conte Monaldo aveva raccolto nella “libreria” di casa, la famosa biblioteca, circa 20.000 volumi. Nelle sale della biblioteca, che occupa l’intero primo piano di palazzo Leopardi, Giacomo compie i “sette anni di studio matto e disperatissimo” (lettera a Pietro Giordani del 2 marzo 1818). In questi sette anni  Leopardi si rovina “infelicemente e senza rimedio per tutta la vita”, diventa gobbo e comincia a soffrire del disturbo agli occhi che lo tormenterà per tutta la vita.
A questo periodo appartengono le traduzioni dal greco e dal latino, i testi di erudizione e le prime poesie, nel 1817 scrive Il primo amore, per la cugina Gertrude Cassi di cui è innamorato.
Insofferente della “mediocrità” di Recanati, scrive a letterati, Pietro Giordani e Giuseppe Acerbi della rivista letteraria milanese Biblioteca italiana, ed editori, Antonio Fortunato Stella, a Milano per far pubblicare le sue opere.
Nel 1818 invia alla Biblioteca italiana il Discorso di un italiano sulla poesia romantica, dove interviene a difesa della poesia classica nella polemica tra classicisti e romantici, l’articolo non viene pubblicato.
Nel 1818 scrive due canzoni All’Italia e Sopra il monumento di Dante, tra il 1820 e il 1823 Ad Angelo Mai, Bruto Minore, Ultimo canto di Saffo, Alla sua donna.
Nel luglio del 1819 mette in atto il progetto, a lungo meditato, di fuggire da Recanati.  Leopardi accusa il padre di indifferenza e ristrettezza mentale e si ribella alla sua autorità, nella lettera con cui si congeda dal padre, lettera senza data, ma della fine di luglio 1819, scrive “Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d’ogni grande azione”.  La fuga fallisce prima ancora di iniziare. “Io non voglio vivere a Recanati” scrive nella lettera del 13 agosto 1819 al Conte Saverio Broglio che gli ha procurato il passaporto per Milano, ma ha anche avvertito il padre della fuga.
Il 1819 è anche l’anno di composizione dell’idillio l’Infinito. Seguono, tra il 1819 e il 1821, altri “piccoli idilli” Alla luna, La sera del dì di festa , Il sogno, La vita solitaria.

Roma novembre 1822- estate 1823 : il soggiorno a Roma, cerca di trovare una sistemazione economica.
Nel novembre del 1822 si reca a Roma ospite dello zio Carlo Antici. Roma non piace a Leopardi, nelle lettere al padre e ai fratelli Carlo e Paolina ne parla come di una grande città piena di gente ignorante e superba, unica nota positiva la conoscenza di alcuni studiosi, storici e filologi, italiani e stranieri, tra cui il giovane letterato belga André Jacopssen. (lettera a A.Jacopssen, 23 giugno 1823)
Lo scopo principale del soggiorno a Roma è quello di procurarsi “qualche impiego da viver fuori di casa” (lettera al fratello Carlo Leopardi, gennaio 1823), ma non ha buon esito.

Recanati 1823- 1825 : il silenzio poetico, le Operette morali
Nell’estate del 1823 torna a Recanati, scrive il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani, analisi della decadenza italiana e degli effetti negativi della Restaurazione e Alla sua donna, ultima canzone prima di un periodo di circa quattro anni in cui Leopardi non compone poesie.
Nel 1824 scrive il nucleo maggiore delle Operette morali, venti racconti quasi tutti in forma di dialogo.

Milano – Bologna 1825-1827 : lavora per l’editore Gian Antonio Stella e vive fuori di Recanati, pubblica le sue poesie  e le Operette morali, stringe amicizie con letterati, studiosi, donne.
Nell’estate del 1825 Leopardi si reca a Milano e stipula con l’editore Antonio Fortunato Stella un contratto per curare l’edizione delle opere di Cicerone e il commento delle Rime di Petrarca. A ottobre dello stesso anno si trasferisce a Bologna dove vive leggendo opere in latino e greco a nobili e ricchi signori, oltre che con lo stipendio dello Stella. Rifiuta il beneficio ecclesiastico offertogli dal padre, che gli avrebbe garantito la sicurezza economica, ma non la libertà di studio. A Bologna conosce Teresa Malvezzi, contessa di “grazia e spirito”, e Antonietta Tommasini, “colta e gentile”, con la quale rimane poi in contatto epistolare.
Comincia a pubblicare sulla rivista  letteraria fiorentina “Antologia” diretta da Giampietro Vieusseux, alcune delle operette morali scritte nel 1824, Dialogo di Timandro ed Eleandro, Dialogo di Cristoforo Colombo e Pietro Gutierrez e il Tasso, sempre nel 1826 pubblica una raccolta di poesie intitolata Versi comprendente gli idilli, scritti tra il 1819-1821.
Torna nei mesi invernali a Recanati, nella primavera del 1827 è di nuovo a Bologna, dove conosce l’esule napoletano Antonio Ranieri. Lo Stella continua a pagargli lo stipendio mensile e pubblica a Milano nel 1827 la prima edizione delle Operette morali.

Firenze – Pisa 1827-1828 : continua a lavorare per lo Stella, si trasferisce a Pisa, ritorna a scrivere poesie.
All’inizio dell’estate del 1827 è a Firenze. Qui frequenta studiosi e letterati e incontra Manzoni, che si trova a Firenze per la famosa “risciacquatura in Arno” dei Promessi Sposi. Scrive il Copernico e Dialogo di Plotino e Porfirio, due nuove operette morali che non pubblica. A novembre in cerca di un clima più mite  si trasferisce a Pisa, che apprezza molto per i panorami e i prezzi economici delle pensioni. Continua a lavorare per lo Stella per il quale cura la Crestomazia, ovvero antologia della prosa e della poesia italiana in due volumi, con questo lavoro ha termine la collaborazione con l’editore milanese. A Pisa nell’aprile del 1828, scrive, dopo un lungo periodo di silenzio poetico, Il Risorgimento e A Silvia.
In estate è di nuovo a Firenze, vi rimane fino a novembre quando torna a Recanati, non avendo più modo di mantenersi.

Recanati : fine 1828 – maggio 1830 : trascorre “sedici mesi di notte orribile”, compone i grandi idilli o canti pisano recanatesi; decide di abbandonare per sempre Recanati.
Trascorre dalla fine del 1828 al maggio del 1830 un ultimo periodo “di notte orribile” a Recanati.
Qui nel 1829 scrive Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, nel 1830 il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.
Con gli amici si lamenta della propria cattiva salute che non gli ha permesso e non gli permette di lavorare a sufficienza per guadagnarsi da vivere (lettera a Pietro Colletta del 16 gennaio 1829).
All’inizio di maggio del 1830 decide, nonostante la mancanza di mezzi economici, di tornare a Firenze, scrive a Vieusseux di essere disposto a dare “lezioni letterarie di qualunque genere anche infimo” pur di lasciare Recanati “centro dell’inciviltà e dell’ignoranza europea” (lettera a Vieusseux del 21 marzo 1830).
Concorre con le Operette morali al premio bandito dall’Accademia della Crusca di Firenze, ma l’opera riceve un solo voto, vince Carlo Botta con La storia d’Italia.

Firenze maggio 1830 – ottobre 1833 : inizialmente si mantiene grazie all’assegno mensile degli amici toscani, pubblica i “Canti”, vive con Antonio Ranieri, si innamora di Fanny Targioni Tozzetti, scrive il ciclo di poesie di Aspasia dedicato all’amore per la donna, è costretto a chiedere soldi ai genitori, scrive i “Paralipomeni della Batracomiomachia” e le ultime operette morali.
A Firenze gli amici toscani mantengono Leopardi per un anno con un assegno mensile di 18 francesconi. Nell’aprile del 1831 viene pubblicata la prima edizione dei Canti  dedicata agli Amici suoi di Toscana. Inizia a scrivere i Paralipomeni della batracomiomachia, continuazione della batracomiomachia (battaglia delle rane e dei topi), attribuita ad Omero. È un poemetto satirico in otto canti in cui Leopardi rappresenta nella vicenda fantastica dei topi e delle rane la situazione politica italiana del primo Ottocento.
A Firenze vive con Antonio Ranieri e conosce il filologo svizzero Luigi de Sinner; in una lettera a lui  indirizzata  si difende da chi lo accusa di essere pessimista perché malato rivendicando con forza e coraggio le proprie idee e  scrive “prego i miei lettori di provare a distruggere le mie osservazioni e i miei ragionamenti piuttosto che accusare le mie malattie” (lettera a de Sinner del 24 maggio 1832).
Si innamora di Fanny Targioni Tozzetti, a lei è dedicato il cosiddetto ciclo di Aspasia, comprendente le poesie Il pensiero dominante, Amore e morte, Consalvo, A sé stesso, Aspasia, scritte tra il 1833-35.
Su diverse riviste letterarie smentisce la paternità dei Dialoghetti, un’opera reazionaria del padre che molti gli attribuiscono.
Chiede al padre un assegno mensile di dodici francesconi non avendo più modo di mantenersi autonomamente (lettera al padre del 3 luglio 1832).
Scrive nel 1832 le ultime due operette morali Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere e Dialogo di Tristano e di un amico, che pubblica nella nuova edizione delle Operette del 1834. Comincia a raccogliere elaborandoli dallo Zibaldone i Pensieri, raccolta di centoundici riflessioni di natura filosofica.
La salute peggiora, su consiglio dei medici decide di trasferirsi a Napoli sempre con Antonio Ranieri.

Napoli ottobre 1833 – giugno 1837: Leopardi si trasferisce a Napoli, qui trascorre gli ultimi tre anni e mezzo di vita, assistito dall’amico Antonio Ranieri, scrive le ultime poesie, muore il 14 giugno 1837.
A Napoli progetta con l’editore Starita la pubblicazione in sei volumi delle proprie opere, nel 1835 esce la seconda edizione dei Canti, sono pubblicati per la prima volta Il passero solitario, l’Imitazione, il ciclo di Aspasia, Sopra un bassorilievo antico sepolcrale, Sopra il ritratto di una bella donna, la Palinodia al marchese Gino Capponi.
Nel 1836 viene pubblicata la terza edizione delle Operette Morali. Scrive le ultime poesie Il tramonto della luna, La ginestra, I nuovi credenti.
Trascorre gli ultimi mesi di vita nella villa di un amico  a Torre del Greco alle pendici del Vesuvio.
Muore il 14 giugno 1837, mentre a Napoli si diffonde un’epidemia di colera.

Fonte: Giacomo Leopardi, Lettere, Oscar Mondadori