Il simbolismo pascoliano

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Odilon Redon, "Ritratto di Violette Heymann", 1910, The Cleveland Museum of art, pastello

Odilon Redon, “Ritratto di Violette Heymann”, 1910, The Cleveland Museum of art, pastello

Presentiamo in sintesi uno scritto di Elio Gioanola sulla poesia di Pascoli.
La vocazione simbolistica della poesia pascoliana
Gioanola sostiene che la poesia pascoliana migliore, quella di Myricae, Poemetti e Canti di Castelvecchio, “al di là delle superficiali apparenze del sentimentalismo e del piccolo realismo campestre appare dominata da una sostanziale, per quanto spesso inconsapevole, vocazione simbolistica”. Oltre le “piccole cose”, le immagini di vita quotidiana, i paesaggi campestri delle poesie si nasconde un significato altro.
Il simbolismo di natura psicologica
Il simbolismo pascoliano si manifesta attraverso una serie di simboli ricorrenti che rimandano a significati di natura strettamente psicologica. I simboli più ricorrenti sono figure che appartengono al mondo campestre e contadino, il nido, l’orto, la siepe, gli uccelli, i fiori, esse sono i simboli delle angosce e ossessioni interiori del poeta.
Il nido
La figura simbolica più ricorrente è quella del “nido”, sia nel suo significato proprio di dimora degli uccelli, che in quello traslato di “casa”, “focolare”, “culla”, “orto”, “muro”, “siepe”. “Il nido è sempre presentato come un luogo di caldo conforto, di sicurezza, di rifugio, di protezione ….. è tiepido e sicuro. In quel componimento programmatico che è il “X Agosto”  è offerto un esatto parallelo tra il nido delle rondini e la famiglia del poeta, privato quello della madre che portava il cibo, questo del padre. (…) il nido si presenta anche nella forma della culla, (….) il nido è il grembo materno, ciò che sta prima della vita e prima della morte, in quella condizione limbica in cui il mondo è completamente abolito e di conseguenza la paura non esiste. Il nido è insomma figura dell’”incapacità di vivere”. Pascoli attraverso questa immagine esprime la sua paura del mondo, della vita e degli uomini: non per nulla quando compare il simbolo del nido, esso è sempre accompagnato dal motivo contrastante del pericolo (il temporale, il lampo, il tuono, la notte nera, ecc.) in una tipica contrapposizione dentro-fuori, dove da un lato si accumulano gli elementi del conforto del calore della protezione, dall’altra quelli della minaccia del terrore dell’angoscia. Il riferimento psicologico evocato da tale immagine è quello della “regressione all’infanzia”, nel tentativo di recuperare in fantasia uno stato di sicurezza e di felicità.
Sono riconducibili al nido altri simboli come la siepe che recinge la casa e la terra luoghi di tranquillità e pace, lontani dai pericoli e dalle paure del mondo per esempio nella poesia “La siepe” in “Primi Poemetti”; anche la nebbia ha lo stesso significato, protegge e isola il poeta dal male come nella poesia “Nebbia” in “Canti di Castelvecchio”.
Questi simboli di protezione e conforto, simboli della “regressione all’infanzia” spesso sono accompagnati dalla presenza dei “morti”, anche il cimitero è una variante del simbolo del nido.
I cari morti familiari, il padre, la madre, i fratelli, protagonisti di molte poesie, continuano a parlare con il poeta e sono in un certo senso ancora vivi per lui, come per esempio in “Casa mia”  in “Canti di Castelvecchio” in cui la madre morta e il poeta hanno un lungo colloquio sul cancello della casa che era stata abbandonata dopo la morte del padre.
Campane, uccelli e fiori
Gioanola individua oltre ai simboli della regressione i simboli del “rimosso”: le “campane”, gli “uccelli”, i “fiori”.
Le campane a volte creano un’atmosfera irreale di ritorno all’infanzia come in “La mia sera”, altre volte esprimono angosce e paure come in “Alba festiva” e “Le ciaramelle”.
Molte sono le poesie dedicate agli uccelli in Myricae, Canti di Castelvecchio e Poemetti, “anche se può sembrare molto strano, in genere il simbolo degli uccelli appare staccato da quello del nido, gli uccelli infatti non abitano il nido, ma una regione superiore del cielo dalla quale, spesso invisibili, inviano la loro voce: ed è una voce spesso di tono quasi oracolare, misteriosa, alludente a un mondo fuori delle consuete dimensioni di spazio e tempo, comunque “diversa”, tanto che il poeta si studia, a forza di onomatopee, di imitarla, non certo per esigenze realistiche, ma per riprodurre un linguaggio di misteriosa sapienza. ” Il significato più ricorrente del simbolo degli uccelli è quello della morte come in “Scalpitio” e ne “L’assiuolo”.
Spesso i fiori sono “i simboli più diretti delle fondamentali pulsioni istintive, Eros e Thanatos. I fiori di Pascoli o sono fiori di sesso o sono fiori di morte.” come in “Gelsomino notturno” e “Digitale purpurea”.

(Elio Gioanola, Regressione e repressione nella poesia di Pascoli, in “L’analisi letteraria” di Angelo Marchese, SEI, 1979, pp.222-227)