La Gatta Cenerentola della Nuova Compagnia di Canto Popolare di Roberto De Simone

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La Gatta Cenerentola della Nuova Compagnia di Canto Popolare, Fausta Vetere nel ruolo di Cenerentola

Nel 1976 al Teatro Caio Melisso di Spoleto in occasione del Festival dei due Mondi va in scena la Gatta Cenerentola della Nuova Compagnia di Canto Popolare, ideata e musicata da Roberto De Simone, l’opera ebbe un grande successo di pubblico e fu in tournée per molti anni.
La Gatta Cenerentola della Nuova Compagnia di Canto Popolare è un testo teatrale che alterna parti recitate a parti cantate, De Simone la chiama favola in musica.
Per mettere in scena la favola della Gatta Cenerentola De Simone si avvale di un lavoro di studio e di ricerca che individua gli antichi significati del racconto popolare.
Un primo significato è legato alla figura della matrigna cattiva e alla simbologia sessuale che si può attribuire alla scarpetta. La vicenda della perdita della scarpetta e della ricerca del piede della fanciulla in grado di calzarla simboleggiano l’una la perdita della verginità della giovane e l’altra l’assicurazione della sua fedeltà al marito. Cenerentola diviene il modello positivo della figura femminile nella società patriarcale. La decapitazione della matrigna compiuta da Cenerentola con il coperchio della cassapanca attribuisce alla matrigna componenti virili, la sua uccisione simboleggia la vittoria del patriarcato sul matriarcato.
“La perdita della scarpetta nasconde un’idea sessuale collegata all’atto della fecondazione e del parto (…) Cenerentola è la tipica figura femminile espressione di una società patriarcale. (…) Essa è la “vergine”: la negativa vittoria del patriarcato sul matriarcato. Come vergine deve essere tale prima e dopo il parto: infatti perde la “scarpa” ma le si richiede la prova di controllo al “piede”. Riconosciuta per la “piccolezza del piede” essa diventa il modello di sposa-madre che ha una funzione sociale solo mediante la conservazione della sua verginità: così la vuole il marito (…). La matrigna invece è l’antica matriarca sulla quale si sovrappongono gli aspetti negativi del patriarcato. Come madre fallica diventa la rivendicatrice del potere matriarcale nella società patriarcale.”  (Roberto De Simone, La Gatta Cenerentola, favola in musica in tre atti, 1977, Einaudi, Appendice p.130) In alcune versioni della favola trasmesse oralmente in Campania negli anni Settanta, quando De Simone conduce la sua ricerca “la matrigna non è affatto cattiva, è una tipica “madre” che accoglie Cenerentola in fasce abbandonata dal padre. Essa vive sola con le numerose figlie senza la presenza di nessun marito e quindi in un tipo di società ancora contadina, non sopraffatta dalla figura maschile. Nella versione di Basile invece, la matrigna è cattiva in quanto già inserita in una società patriarcale quale era quella urbana della città di Napoli nel 1600”  (op.cit.  p.130)
Un secondo significato va messo in rapporto con l’aspetto socio-politico della favola. Essa è la serva che diventa regina. In lei il popolo, inteso come la componente marginale e priva di potere della società, si identifica, essa diviene la rappresentante legittima del potere, con lei il popolo realizza il “desiderio di avere un capo che non sia la negativa figura del potere maschile. Non potrebbe infatti, nel tradizionale tessuto onirico, riconoscersi in una figura di padre che storicamente è sempre stata l’espressione della guerra, della violenza e della repressione di cui tutti i popoli hanno sempre dovuto subire l’amara esperienza.” (op.cit. p.131)
Un terzo e ultimo significato può essere messo in relazione con il ballo e con il desiderio di indossare abiti ricchi. Questi elementi sono ricondotti da De Simone al fenomeno del “tarantismo”. Come Cenerentola che desidera abiti belli e ricchi e balla con il re fino a dimenticarsi dell’ora del ritorno e perdere la scarpetta, i “tarantati” hanno il desiderio di indossare sete, broccati e velluti e la tarantella, il ballo magico, li libera dalla loro possessione. Video: il coro delle lavandaie
Infine De Simone si sofferma a spiegare l’attributo di “gatta” che Basile dà a Cenerentola e lo riconduce ad antiche storie di metamorfosi animalesche, Cenerentola è una gatta che si trasforma in una donna, in un’altra versione della favola “Cenerentola è una gallina figlia magica di una lavandaia. Questa gallina per tre notti si spoglia delle penne per trasformarsi in una bellissima donna e così recarsi al solito ballo con il principe. Nell’ultimo ballo però si attarda, il principe brucia le piume che ella aveva lasciato e Cenerentola resta definitivamente donna. Da queste varianti insomma, risulta chiaro che sia il gatto come la gallina siano attributi della Cenerentola (…). Gli stessi animali sono anche attributi della Madonna in Campania (Madonna della gallina a Pagani e Madonna della gatta nel Casertano e nel Cilento) (…) Infatti  a capo di tutto c’è la madre di tutto e di tutti: quella madre che aveva partorito tutto ed era sempre in procinto di partorire, anche la morte. Quella madre dai fianchi capaci di reggere dodici figli come le Matute di Capua o dal viso largo e le natiche piene come la Madonna di Castello. Una madre cattiva come la madre di Cenerentola o come quella Madonna che fa cadere i piedi a chi la bestemmia.
Quella madre buona e cattiva nello stesso tempo a seconda che la si ami o la si odi o a seconda che ci ami e ci abbia odiato. Infine, dietro queste parole, la paura di morire come di fare l’amore, fare l’amore come morire ma invece vivere per fare l’amore anche se è proibito e poi morire ancora perché c’è sempre una grotta e la vergine che perde una scarpa e la cenere e la pianta e le sei sorelle e la madre e la matrigna e la Madonna e tante madonne e un padre cattivo che si sposa sempre per darci una matrigna o magari sposerebbe anche la figlia perché è lui che comanda o crede di comandare finché Cenerentola o una Madonna non diventa gatta e gli graffia il viso fino a farlo tremare dalla paura di essere divorato come un topo. Allora egli dopo avere inventato la sua verginità, dopo aver mozzato il capo ai figli morti prima di nascere inventa una chiesa dove è l’unico dio che non può morire perché ha creato tutto lui. Ma intanto si accorge che non può partorire e allora la gatta gli ride dietro e si siede come la regina al suo posto calzando la scarpa perduta come vuole lui ma fregandosene altamente perfino della Santa Inquisizione.” (op.cit., introduzione p.VI)