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L'autore di www.letteraturaitalia.it insegna letteratura italiana. Nel 2013 ha creato questo sito per le sue lezioni in classe. "Λήθη γάρ επιστήμης ̉έξοδος" (Platone, Simposio 208, 4-5)

Audio Rai.TV – Wikiradio – Vito Volterra – Wikiradio del 03/05/2017

Il Viagra nel Contesto Mediterraneo: a che eta si inizia a prendere il viagra Un’Analisi Culturale

Sorgente: Audio Rai.TV – Wikiradio – Vito Volterra – Wikiradio del 03/05/2017

Le elezioni plebiscitarie del 1934. Foto Istituto Luce

A Vito Volterra è dedicato il capitolo V del libro Preferirei di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini di Giorgio Boatti, Einaudi, 2001, pp. 89.137 (link al libro)

Audio Rai.TV – Le Meraviglie – La biblioteca di Casa Leopardi a Recanati raccontata da Massimo Raffaeli | Le Meraviglie del 30/04/2017

Molte persone hanno sicuramente sentito parlare del Viagra, ma non sono veramente sicuri di cosa aspettarsi quando lo prendono viagra generico in farmacia costo

Sorgente: Audio Rai.TV – Le Meraviglie – La biblioteca di Casa Leopardi a Recanati raccontata da Massimo Raffaeli | Le Meraviglie del 30/04/2017

Matteo Sbragia interpreta Giacomo Leopardi nel film di Nelo Risi Idillio del 1980, le scene del frammento sono girate nel palazzo dei conti Leopardi a Recanati, si vede il grande scalone dell’abitazione e la famosa biblioteca .  A questo link il film completo di Nelo Risi

Il nini muart di Pier Paolo Pasolini in Poesie a Casarsa

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Il nini muart

Sere imbarlumìde, tal fossal
a crès l’aghe, ‘na fèmine plène
‘a ciamìne tal ciamp.
Jo ti recuardi, Narcìs, ti vèvis il colòr
da la sère, quand li ciampànis
‘a sunin di muàrt.

Il fanciullo morto

Sera luminosa, nel fosso
cresce l’acqua, una donna incinta
cammina per il campo.

Io ti ricordo , Narciso, avevi il colore
della sera, quando le campane

suonano a morto.
(la traduzione è di Pasolini)

La lingua dei desideri il friulano casarsese di Pier Paolo Pasolini di Angela Felice direttrice del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa  (in La lingua batte Radio 3 23/04/2017)

Poesie a Casarsa vide la luce il 14 luglio 1942 per i tipi della Libreria antiquaria Mario Landi di Bologna, in trecento copie, con la dedica “A mio padre”. Le poche, brevi poesie della raccolta cantano di fanciulli, di sere, di alberi, venti, piogge, campane, acque. Il tono è elegiaco: dolce e triste. La poesia si nutre oltre che del nucleo nevrotico più profondo del poeta, delle letture di poeti decadenti e simbolisti italiani, francesi, spagnoli
Il volume piacque a Gianfranco Contini, che promise di recensirlo “avevo esattamente vent’anni; (…) Chi potrà mai descrivere la mia gioia? Ho saltato e ballato per i portici di Bologna; e quanto alla soddisfazione mondana cui si può aspirare scrivendo versi, quella di quel giorno di Bologna è stata esaustiva: ormai posso benissimo farne per sempre a meno.” (Pier Paolo Pasolini, in Poesie, Garzanti, Milano, 1 ed. 1970, p.8). La recensione di Gianfranco Contini avrebbe dovuto uscire su Primato, una rivista letteraria dell’epoca, ma i responsabili del periodico, trattandosi di un commento a una raccolta di poesie dialettali, la censurarono: apparve invece sul Corriere di Lugano del 24 aprile 1943. Diceva, tra l’altro: “L’odore era quello irrefutabile della poesia, in una specie inconsueta” e parlando di contenuti, faceva riferimento ” a quel centro di ascesi sul proprio corpo che fa l’equilibrio del libretto”. Descrivendo la lingua usata nella raccolta Pasolini dice “L’idioma friulano di queste poesia non è quello genuino, ma quello dolcemente intriso di veneto che si parla nella sponda destra del Tagliamento; inoltre non poche sono le violenze che gli ho usato per costringerlo a un metro e a una dizione poetica” (in Nota a Poesie a Casarsa in Bestemmia Tutte le poesie, Garzanti, p.1221). Questo dialetto friulano è la lingua della madre, ma anche “lingua pura per poesia” e diventerà “un’arma”, con cui Pasolini si rivolge ai contadini del Friuli, nei tabelloni che ospitano i murali dei partiti politici della loggia di San Giovanni di Casarsa, e nei poemetti epici de La meglio Gioventù. Nel 1974 Pasolini ritorna alla poesia in dialetto friulano e pubblica La Nuova gioventù Poesie friulane 1941-1974, in cui ripubblica le poesie de La Meglio gioventù del 1954 e vi aggiunge una Seconda forma de La meglio gioventù (1974). Le stesse poesie vengono riscritte, sempre in dialetto, con delle varianti.

Guido Calogero – Wikiradio del 17/04/2017

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Guido Calogero (Roma 1904-1986) è stato professore di filosofia, saggista e politico italiano. Nel 1925 si laurea in filosofia alla Sapienza di Roma; nel 1931 come professore universitario presta giuramento al partito fascista. Ma le sue idee politiche sono  antifasciste. E’ tra i principali esponenti insieme a Aldo Capitini del liberalsocialismo e nel 1942 è tra i fondatori del Partito d’Azione, che riunisce le due aree antifasciste non comuniste di Giustizia e Libertà e del liberalsocialismo. Nel 1942 è arrestato e confinato in Abruzzo, perde la cattedra universitaria. Dopo la fine del fascismo e della guerra continua il suo impegno politico, nel 1955 è tra i fondatori del Partito Radicale. Muore a Roma nel 1986.
Sorgente: Guido Calogero – Wikiradio del 17/04/2017
Di seguito riportiamo un estratto da Scuola sotto inchiesta, raccolta degli interventi di Calogero sulla scuola italiana.

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Pasolini Next to us (intervista di Gideon Bachmann 1975)

Sant’Emidio, non possono infatti rifiutarsi viagra di vendere ciò che la legge riconosce come medicinali a che eta si inizia a prendere il viagra. Secondo quanto riscontrato quotidianamente dai pazienti, la cui forza lavoro conta su poco Cialis meno di 14.

Quando gli anni Sessanta
saranno perduti come il Mille,
e, il mio, sarà uno scheletro
senza più neanche nostalgia del mondo,
cosa conterà la mia “vita privata”,
miseri scheletri senza vita
né privata né pubblica, ricattatori,
cosa conterà! Conteranno le mie tenerezze,
sarò io, dopo la morte, in primavera,
a vincere la scommessa, nella furia
del mio amore per l’Acqua Santa al sole.

da “Poesie mondane” in Poesia in forma di rosa

Pasolini fu uno scrittore impegnato. Prese posizione quotidianamente di fronte a fatti, eventi, problemi del suo tempo, con interventi su giornali, documentari, interviste in televisione, partecipazioni a convegni. Tra le sue opere impegnate ricordiamo: Comizi d’amore, film documentario sulla percezione della sessualità in Italia (1965), Le mura di Sana’a , cortometraggio in forma di appello all’Unesco, girato a Sana’a, capitale dello Yemen (1971), La forma della città – Orte – Sabaudia, documentario sull’edilizia moderna e la distruzione del passato (1973) video: La forma della città, Le belle bandiere, raccolta dei testi usciti nel periodo 1960- 1965 nella rubrica Dialoghi con Pasolini di Vie Nuove, pubblicato postumo nel 1977, Il Caos, raccolta dei testi scritti nel periodo 1968-1970 per la rubrica Caos del settimanale  (queste due raccolte si possono trovare in Pier Paolo Pasolini I dialoghi, Editori Riuniti), Scritti Corsari del 1975 e Lettere luterane, postumo del 1976, raccolte degli articoli di giornale scritti dal 1973 al 1975 per il Corriere della Sera.

Di seguito si riportano stralci dai sottotitoli in inglese dell’intervista rilasciata da Pasolini (P.P.P.) a Gideon Bachmann (G.B.) (link Gideon Bachmann), giornalista di Sight and Sound, rivista inglese di cinema, sul set di Salò (per l’intervista completa vedi Pasolini Prossimo nostro, 2006 di Giuseppe Bertolucci link)

The particular meaning of sex in Salò

P.P.P.: So, there’s a lot of sex, but the sex in the film is De Sade’s typical sex which is characteristically exclusively sadomasochist, in all of the atrocity of his details and situations. (…), but in my film all of this sex takes on a particular meaning: it is the metaphor of what power does to the human body, its commercialization (mercificazione), its reduction to a thing which is typical of power, of any power.
(…) This currency (attualità) marks a true change with respect to the films I have made up to now, that is the “Trilogy of life” Decameron, Canterbury’s tales, Arabian nights.
(…) Its pure Marxism, Marx’s “Manifest” says just this: power commercialises the body, it transforms the body in goods.
That sadists have always been powerful is a point of fact. In fact, in De Sade, the 4 people that perform the terrible acts during the 120 days are a banker, a duke, a bishop and a president of the court, and they represent power.

The young people

G.B.: How can this film’s message be understood by today’s young people?
P.P.P.: I don’t think that the young people will understand it. I have no illusions of being understood by the young because it’s impossible to establish a cultural relationship with them because they live new values which have nothing in common with the old values I refer to.
It’s as if they have an agreement! They talk, they laugh and they behave the same way, they love the same things, drive the same motorcycles. In short I saw uniforms when I was a boy, I saw the Fascist youth movement, but I have never seen people conform like they do today, (…) but it’s a conformism based on this informal and self creating youth movement. (…) The horrible thing about journalism and about the Italian culture is that young people are free, they are free of complexes, they are uninhibited, they live a happy life. Imagine the entire Italian bourgeoisie is convinced of this, and the entire left wing, as well. They think these young people are finally the young people…. Do you follow me? They don’t understand, they don’t see because they don’t love them! Those who don’t love farmers don’t understand their tragedy. Those who don’t love the young people couldn’t care less about them. They don’t care about them, because they don’t love them. (…) I, having loved them dearly, have always followed them. (…) It is all dedicated to love (è tutto una dichiarazione d’amore) all of my books and my narrative works speak of the young. I loved them and I depicted them.

Consumerism

P.P.P.: Today’s ideal is consumerism, there is an enormous group extending from Milan to Bologna it includes Rome and spreads to the south. It is a homologating civilisation that makes everything the same. So it’s clear that the barriers fall, that small group disband.

G.B.: Without ideology?

P.P.P.: What, it has no ideology? With a consumer ideology, you don’t… Instead having a flag, the clothes they wear are their flag. Some of the means and some of the external phenomena have changed, but, in practice, it’s a depauperation of individuality which is disguised (si maschera) through its valorisation.

Sex in permissive societies

P.P.P.: During the so-called “repressive” ages sex was a joy, because it was practiced in secret and it made a mockery (era una irrisione) of all of the obligations and duties that the repressive power imposed. Instead, in tolerant societies, as the one we live in is declared to be, sex produces neuroses, because the freedom granted is false and, above all, is granted from above and not won from below. Therefore, the people does not live sexual freedom, instead they adapt to a freedom which is granted to them. (…) “Repressive societies repress everything, therefore men can do anything” , but I have added this concept which for me is lapidary: permissive societies permit a few things and only those things can be done.
That is terrible.

The consumerist couple

P.P.P.: Then this great freedom in heterosexual couples, (..) since it is granted it has become obligatory (…) therefore he feels obliged to always be part of a couple, and the couple has become a nightmare an obsession, instead of a freedom.
Have you noticed how fashionable couples are today? But it is a completely false and insincere couple, (…) what is this sudden romanticism? you may ask. Nothing. It is simply the new couple as revived by consumerism, because this consumerist couple buys. Hand in hand they go to La Rinascente, to Upim…

Europe and the Third World: the possible non existence of history: the modern world will be the synthesis between….

P.P.P.: Besides the anarchy of power, my film is about the possible non-existence of history, that is in contrast with history, as seen by the Euro-centric culture, that is middle class rationalism or empiricism on the one hand and Marxism on the other .
(…) And so how does a nation like France stand on this flood of irrationality which arrives in the wake of the Third World, a world of hunger?

The Third World population precisely because they’ve been repressed (…) like all marginal areas have preserved an earlier sort of culture, which in some way was prehistoric in nature. France sets itself as tamer (ammaestratrice) of rationality to the colonial populations. In fact it educates them very well. France has taken nothing from them it has only given. It gave a model of education, rationality, civilization, but it did not know how to learn anything from them because this religious, irrational, prehistoric type that the Third World brings with it cannot be rationalized. Therefore the French must modify their reason if they want to understand, if they don’t want to remain behind. Paris is a marvellous city that I admire (…) but you feel that it is farther away, more remote and archaic than a little city of any developing nation.

The modern world will be the synthesis between today’s middle- class western world and the world of the underdeveloped nations that are meeting history now, that is, western rationality will be modified by the presence of another type of world vision that these people express.

The anthropological mutation

P.P.P.: Modernity consists in this modification. It is true that man is always the same, but it is also true that he changes. Now more than ever because at this moment we are threatened by a real anthropological mutation. The true apocalypse is that technology, the era of applied science, will transform man into something different from what he was before. Something has happened now that has no equivalent in the history of man. And we are terrified by the idea that our children and descendants will no longer be like us. It’s a sort of end of the world.

Culture saves from consumerism : I am privileged

P.P.P.: but the real sense of sex in my film is a metaphor of the relation between power with its subject. Therefore, in reality, it is true for all times. (..) I detest, above all things, today’s power. Everyone hates the power he is subject to. Therefore, I hate the power of today, of 1975, with particular vehemence. It is a power that manipulates the bodies in a horrible way, (…) it manipulates them, transforming their conscience, in the worst way, establishing new values which are alienating and false The values of consumerism, which accomplish (compiono) what Marx called genocide of the living, real previous cultures. For example, it has destroyed Rome. The Romans no longer exist. (…) Then this type of change has spread the ideology of consumeristic hedonism amongst the Italians, an ideology which is perhaps stupidly, secular and rational. It is nearsighted, narrow. This ideology affects all of Italians, intellectuals included. (…) I also participate in this ideology, in a certain sense (…) I, too, in a certain sense, tend towards superfluous goods. Except that I save myself from all this thanks to culture, etc., in this I am privileged. However the enormous mass of the Italians has fully fallen into this mechanism. Values have fallen and they have been replaced by others. Behaviour models have fallen and were then replaced by others. This replacement was not the will of the people, but it was imposed by the consumerist power, held by the large Italian multi-national industry and even by the national one, made up of pseudo industrialists, that wanted the Italians to consume a certain type of goods in a certain way. And to consume them they had to create another human model. An old farmer, traditionalist and religious did not consume junk food advertised on television. In reality the producers force the consumers to eat shit. They give adultered, bad things, little robiola cheeses, (…) that are shit.

The anarchy of power

P.P.P.: Power remains exactly the same only its characteristics change, the subject is no longer parsimonious or religious, he is a consumer and so he is short sighted, irreligious, secular, etc. The cultural characteristic change, but the relationship is identical.

Therefore it is a film not only about power, but about what I call “The anarchy of power”. Nothing is more anarchic than power. Power does what it wants and what it wants is totally arbitrary or dictated by its economic reasons which escape common logic.

Aggressiveness and consumerism

P.P.P.: Both Christianity and Marxism have been always been imposed from above, they have never come from below. The principle of submission might be a bit similar to Marx’s (perhaps he means Freud?) death instinct, no? Co-existent with the aggressive spirit of love. In my opinion, it continued to exist unchanged under Christianity, because Christianity had quickly become the State religion that is from the dominating class and it was imposed, therefore it did not change these profound instincts. instead the only ideological system which has truly involved the dominated class as well is consumerism, because it is the only one that went all the way, which gives a certain aggressiveness, because this aggressiveness is necessary to consumption. If one is purely submissive, he follows the pure instinct of submission like an old farmer who would lower his head in resignation, which is a sublime act like heroism. Now this spirit of resignation, of submission no longer exists, how can a consumer be resigned or accept a, so to speak, archaic, backward and inferior state? He must fight to raise his social status. “I lower my head in the name of God” is already a great phrase While now, the consumer does not even know he lowers his head, to the contrary he stupidly believes he has not lowered it and that he has won his rights. (…) instead is a poor fool.

Ancient rituals and modern rituals

P.P.P.: Power is always a codifier and ritual. But which ritualizes which codifies is always nothingness, pure will, that is, its own anarchy.

Men were in need of a myth. However, in the average farming world myths were always relived through rituals. The Mass was a ritual which, for millenniums, crystallized a religious creed.

All the ancient religions can be summarized in one model, that of the eternal return: death and then resurrection. Death and resurrection, of nature, grass, harvests…. This eternal return no longer has any sense for modern man. The seasonal cycle has been replaced by infinite cycles of production and consumption, the bicycle, the automobile, the clothing…. There are many small cycles. Produce and consume, produce and consume is an artificial cycle, rather then natural, but still a cycle.Today rituals are of another type, for example lining up in front of a TV or waiting in a queue of cars on the week end or going on a pic nic in a field. Every power has its forms of ritual. One of the features of the disappearance of the myth and the ancient farmer ritual, replaced by industrialization, is the disappearance of initiation. For the Catholic religion, puberty had Communion and Confirmation, which now no longer have any weight, they no longer have any meaning. Now there is no initiation because a newborn is already a consumer. There is no initiation into the consumerist society. The young people have the same authority as consumers as the elders do.

Man is a conformist

P.P.P.: Man has always been a conformist. His main characteristic is that of conforming to any type of power or quality of life he finds at birth. Perhaps biologically man is narcissist, rebellious, he loves his own identity etc. but it’s society that makes him conformist and he’s lowered his head once and for all, before the obligations of society. I don’t believe there will ever be a society in which man is free.

G.B.: Hope …..

P.P.P.: So it is futile to hope so.

P.P.P.: But, we must never hope in anything. Hope is a terrible thing, invented by the parties to keep their members happy.

Cinema expresses reality through reality: films are dreams

P.P.P.: I don’t write like I used to, which is the same as saying that I no longer write. At first when I began to make films, I thought it was only the adoption of a different technique, I would almost say of a different literary technique. Then instead I realized bit by bit that it was the adoption of a different language! (…) But there’s another truth perhaps more complicated and profound: language expresses reality through a sign system. Instead the director expresses reality through reality. Maybe this is the reason why I like cinema and I prefer it to literature, because in expressing reality as reality I continuously work and live at the level of reality. A poet uses the word “flower” but where does he take it from? He takes it from the language of men which we use in communicating. Instead, what other language are images based on? They are based on the images of dreams and memories. (…) Then cinema has its foundations, its roots in a completely irrational, irrationalist language: dreams, memory and reality seen as hard fact. Therefore, an image is infinetely more dreamlike (onirica), then a word. In the end when you see a film it seems like a dream. (…)

P.P.P.: I want to edit it perfectly. This film must almost be a crystal at the end, formally. (…) I always try to obtain formal perfection, which I use as a wrapping for the terrible things of De Sade and of Fascism.

(…) If I believed that my cinema were totally integrated into a society that also wanted the kind of films that I make, maybe I wouldn’t make them. But I am convinced that there is something that can’t be integrated. Middle-class society amalgamates, assimilates, digests all. But in every work where individuality and singularity stand out along with originality and violence, there is something that can’t be integrated.

Everything happens in the individual ( E’ nel singolo che tutto avviene)

G.B.: Who is this film for?

P.P.P.: In general, for everyone, for another me. It is true the masses alienate and alter art when the latter is commercialized and proposed to them in a certain way, but the masses are still made up of individuals. And so, in a theatre, in a social ritual, let’s say, where my film is proposed to the masses in this way etc., in these theatres, in fact, there are individuals. The individual internalizes the world’s problem (il singolo è l’elaboratore dei problemi del mondo). Everything happens in the individual ( E’ nel singolo che tutto avviene). I attribute to the others, even those most constrained, most enslaved by social customs, the chance, in any case, to understand a work in their way, at their level. I have this faith in human freedom that I wouldn’t know how to rationalize. But I realize that, if things continue like this, man will become mechanized, so conformist, so unpleasant and hateful that this freedom will be completely lost.

Sacred vision of things

P.P.P.: When I look at things, I have a rational, critical eye that I take from my secular culture, middle class, and then Marxist. Therefore there is a continuous critical exercise of my reason over world events. But my real vision, the older, more archaic one, given me at birth and shaped in my early childhood, my original vision is a sacred vision of things (è uno sguardo sacrale sulle cose).

P.P.P.: In the end I see the world like those who have a poetic vocation do, that is like a miraculous, almost sacred fact. And nothing can desecrate my fundamental sacredness. I think that no artist in any society is free. Being crushed by the normality and by the mediocrity of any society in which he lives, the artist is a living contestation. He always represents the contrary of the idea that everyman in every society has of himself. In my opinion a minimum, perhaps immeasurable, margin of freedom is always there. I can’t say to what point this is, or is not freedom. But certainly, something escapes the mathematical logic of mass culture, for the time being.
I do and I don’t

G.B.: What must we do, in the meantime?

P.P.P.: What must we do? Be coherent with our ideas and try to do that minimum part that each of us can do. What do you want to do?

G.B.: In short…. believe?

P.P.P.: Even not believe! As long as not believing is dynamic! One who doesn’t believe and makes his unbelief a banner comes to something. The true reality is that contemporary man does not and does believe.

G.B.: But does Pasolini believe or doesn’t he?

P.P.P.: I do and I don’t (credo e non credo) This is my answer.

Tutta l’opera di Pasolini scrittore e regista è ispirata a un vocativo che potrebbe suonare “Perché non si dimentichi di ciò che è stato e di ciò che è, sempre che qualcosa sia” (E.Siciliano, Vita di Pasolini, Mondadori, 2005, p.465)

Il Decameron di Pasolini e quello di Boccaccio: osservazioni e confronti

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La novella di Andreuccio inizia con quello che è chiamato raccordo sullo sguardo, in inglese eye shot, si tratta di una sequenza di due immagini, nella prima viene presentato un personaggio che osserva, nella seconda quello che il personaggio osserva, è l’equivalente della focalizzazione interna della narrazione scritta.

Nella novella di Andreuccio di Pasolini ci sono alcune differenze con la versione originale di Boccaccio. Pasolini muta il rapporto tra fabula e intreccio, per esempio anticipa il racconto dell’inganno ordito dalla giovane siciliana ai danni di Andreuccio ed elimina uno degli episodi della sua avventura napoletana .

Il realismo di Boccaccio utilizza uno stile medio, che unisce il realistico a una elegante forma linguistica, anche quando descrive la realtà più bassa, volgare, popolare utilizza sempre uno stile elegante, raffinato.
Pasolini invece non ingentilisce la realtà, la rappresenta senza mutarla.
Pasolini usa il napoletano nel suo Decameron perché è la lingua del popolo. “Ho scelto Napoli”, dirà Pasolini, “perché è una sacca storica: i napoletani hanno deciso di restare quello che erano e, così, di lasciarsi morire”. Napoli e i napoletani sono il simbolo della resistenza a quella trasformazione causata dal capitalismo industriale che Pasolini riteneva disastrosa per l’uomo e il mondo. La scena finale di Andreuccio che esce dalla chiesa danzando è inventata da Pasolini e aggiunge una nota di gioia alla vittoria finale del giovane.

 

 

La novella di Lisabetta ha inizio con quello che è chiamato il trattamento oggettivo della scena (objective treatment of a scene); allo spettatore viene presentato ciò che sta di fronte alla camera nella narrazione della storia. Lo spettatore non vede la scena attraverso il punto di vista di un personaggio; è l’equivalente del narratore esterno della narrazione scritta.

Pasolini dedica la lunga scena iniziale a uno degli incontri notturni di Lisabetta e Lorenzo, nella novella di Boccaccio non c’è traccia di questi incontri che sono appena accennati in un breve passaggio “e sì andò la bisogna che, piacendo l’uno all’altro igualmente, non passò gran tempo che, assicuratisi, fecero di quello che più disiderava ciascuno.” Nella lunga scena iniziale Pasolini prefigura la fine della novella e crea un racconto a struttura circolare. Subito dopo l’inquadratura della finestra Lisabetta bacia Lorenzo sdraiato a torso nudo sul letto, il giovane è immobile e appare come morto, l’ultima inquadratura è quella di Lisabetta con le braccia tese verso il vaso di basilico sulla finestra.

Pasolini modifica il racconto di Boccaccio mostrando la reazione violenta di uno dei fratelli di Lisabetta. Il realismo di Pasolini è molto più crudo di quello di Boccaccio, non esclude, non nasconde nulla, neanche ciò che può disturbare, infastidire il lettore o spettatore.

Elio Germano: La Ginestra di Leopardi un inno alla fragilità

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Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell’alma generoso ed alto
Non chiama sé né stima
Ricco d’or né gagliardo, 90
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma 95
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene, 100
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest’orbe, promettendo in terra 105
A popoli che un’onda
Di mar commosso, un fiato
D’aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza. 110
Nobil natura è quella
Che a sollevar s’ardisce
Gli occhi mortali incontra,
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo, 115
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l’ire
Fraterne, ancor più gravi 120
D’ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l’uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che de’ mortali
Madre è di parto e di voler matrigna. 125
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L’umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima 130
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune.

Parafrasi

Un uomo povero e malato
ma di animo generoso e nobile
non si chiama né si ritiene ricco e forte
e non  mostra di avere
una vita splendida o  di essere forte
suscitando il riso tra la gente,
ma si mostra bisognoso di forza
e di ricchezza senza vergognarsi
e parlando riconosce apertamente
il suo stato e lo ammette per quello che è.
Io non credo che sia un uomo di animo
grande, ma che sia invece uno stolto
chi, nato per morire, cresciuto in pene
dice “sono fatto per godere”
e nei suoi scritti pieni di fetido orgoglio
promette agli uomini un grande futuro e
straordinarie felicità, assolutamente
sconosciute in cielo e in terra,
a uomini che invece, un’onda di mare,
un fiato di vento maligno, un crollo
sotterraneo distrugge così che
a mala pena ne rimane il ricordo.
L’uomo forte è quello che ha il coraggio
di guardare in faccia la realtà comune a tutti
e di riconoscere, con sincerità,
senza togliere nulla alla verità
la condizione dolorosa e misera e fragile
che ci è stata assegnata
Quello che sa sopportare
con forza e dignità i dolori e la miseria
e non aggiunge alle sue sofferenze
l’odio e l’ira contro gli altri uomini
incolpandoli del suo male,
ma dà la colpa a quella che è
la vera colpevole, la natura,
che li genera come una madre,
ma li tratta come una matrigna.
Questa è la nemica,
e ritenendo, come effettivamente è, che l’umanità,
è stata  disposta contro di lei,
ritiene tutti gli uomini alleati tra di loro,
si sente unita a tutti da vero amore,
e offre aiuto immediato e valido
e lo aspetta in cambio dagli altri
nei pericoli e nelle angosce
della comune guerra.

Fuocoammare

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Film di Gianfranco Rosi del 2016, vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino nello stesso anno, candidato all’Oscar 2017 come miglior documentario, Fuocoammare è ambientato a Lampedusa e racconta due vicende parallele, quella di alcuni degli abitanti dell’isola, tra cui un bambino, e quella dei migranti che arrivano sull’isola al termine del loro viaggio. Gli attori sono tutti non professionisti. Gianfranco Rosi si inserisce nella tradizione del cinema neorealista, erede del verismo italiano; il film – documentario è ricco  di spunti di riflessioni e di significati, tra i più belli quello del bambino e del suo occhio pigro, metafora di quanto sia importante “educarsi a vedere la realtà”. vedi il film a questo link di radio replay fino al 2 marzo

Analisi dell’autore e del lettore implicito nel proemio del Decameron

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Ascolta la puntata di Umana Cosa e rispondi sul quaderno alle domande

  1. Qual è il cognome del Decameron, quale allusione riconosce il lettore medievale in questo cognome?
  2. Che cosa possono ricavare le donne dalla lettura delle novelle
  3. Qual è la massima con cui si apre il proemio del Decameron e che cosa vuol dire
  4. Come spiega la scrittrice Bianca Pitzorno la dedica alle donne
  5. Come spiega la ricercatrice Ricci Battaglia la dedica alle donne
  6. Ripassa la scheda su autore implicito e lettore implicito e descrivi l’autore implicito e il lettore implicito del proemio del Decameron

Scheda su autore implicito e lettore implicito

L’autore del testo letterario e il suo lettore sono due sconosciuti l’uno per l’altro, ma nel testo sono nascosti un autore implicito e un lettore implicito tra i quali si stabilisce il contatto che non c’è tra autore e lettore.

L’ autore implicito è l’autore per come si presenta nell’opera, spesso è molto diverso dal personaggio storico corrispondente all’autore reale del testo.

Il lettore implicito è il lettore a cui l’opera è destinata, anche il lettore implicito può essere molto diverso dal lettore reale del testo. Mentre nella realtà la comunicazione tra autore e lettore è interrotta, nel testo la comunicazione tra autore implicito, detto destinatore, e lettore implicito, detto destinatario, è ristabilita, secondo lo schema

MITTENTE——————————> TESTO > ————————-DESTINATARIO

…………………………………………………………………………………………….

DESTINATORE————————————> DESTINATARIO

L’autore implicito è sempre presente in ogni testo letterario. A volte l’autore reale vuole renderlo invisibile, altre volte invece l’autore implicito diviene un vero e proprio personaggio che dice IO e ha una personalità, un carattere molto definito, che spesso il lettore tende a sovrapporre all’autore reale, mentre è un’invenzione che può non rispecchiare affatto l’autore reale.

Audio Rai.TV – Tre soldi – La candelora dei femminielli, tra sacro e profano | di Mariano Di Nardo e Florinda Fiamma

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Quella alla Madonna di Montevergine è una delle devozioni più sentite della Campania. Il 2 febbraio, giorno della Candelora, proprio alla Madonna nera è dedicata la processione che sale in cima al santuario sul Monte Partenio in provincia di Avellino. Un santuario eretto dove sorgeva un antico tempio dedicato alla dea Cibele, circostanza questa che lo rende un luogo di sincretismo religioso e pagano. Attraverso le voci di femminielli e devoti raccontiamo questa storia che inizia nel 1200 con un episodio leggendario che ha reso questa Madonna, detta anche Mamma Schiavona, la protettrice dei femminielli, quelle figure tipicamente partenopee di uomini che vivono e sentono come donne. E sono proprio i femminielli insieme a tutto l’universo LGBT ad animare da anni questa processione con canti, danze, tammorriate e invocazioni alla Madonna. Montevergine diventa così un luogo di incontri e riconciliazioni, antico e moderno, sacro e profano, uomo e donna.

Sorgente: Audio Rai.TV – Tre soldi – La candelora dei femminielli, tra sacro e profano | di Mariano Di Nardo e Florinda Fiamma

Dal Diario di Anna Frank per la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’olocausto

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Il 27 gennaio del 1945 l’armata rossa sovietica liberò il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, questo giorno è stato scelto con la risoluzione 60/1 del 1 novembre 2005 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come Giornata internazionale della commemorazione delle vittime dell’olocausto, in occasione del sessantesimo anniversario della liberazione del campo e della fine dell’olocausto. L’Italia ha istituito il Giorno della Memoria  nel 2000 con la legge 211/00 : art.1 La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. art.2 In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere.

Radio 3 Ad Alta Voce Daria Deflorian legge Diario di Anna Frank

Anne riceve il suo diario il 12 giugno del 1942, giorno del suo tredicesimo compleanno, da allora fino al 1 agosto del 1944 Anne scrive il suo diario, che chiama Kitty, quasi quotidianamente, registrando ciò che le accade, i suoi pensieri e sentimenti, le sue emozioni e sensazioni (Attic Secret Annex). Il 6 luglio del 1942 Anne e la sua famiglia abbandonano la loro abitazione in Amsterdam, occupata dai nazisti, per nascondersi nell’alloggio segreto (Discover Anne Frank’s hiding place), al quale si accedeva da una porta nascosta da uno scaffale, ricavato negli ambienti annessi alla ditta del padre di Anne. I Frank vissero nascosti nell’alloggio segreto con un’altra famiglia ebrea, i Van Pels, nel diario chiamati Van Daan, madre, padre  e un figlio di nome Peter di due anni circa maggiore di Anne (Peter), e un dentista ebreo, Fritz Pfeffer, nel diario chiamato Albert Dussel. Gli otto ebrei rifugiati nell’alloggio segreto,  vennero aiutati dagli impiegati della ditta del padre di Anne, Mep Gies, Bep Voskuijl, Johannes Kleiman, Victor Kluger, Jan Gies, che procurarono denaro e cibo e li sostennero spiritualmente per tutto il tempo in cui furono nell’alloggio. (The people in the Secret Annex)
La mattina del 4 agosto del 1944 l’alloggio segreto venne scoperto dalle SS tedesche e dalla polizia olandese, i rifugiati e due dei loro protettori, Johannes Kleiman, Victor Kluger, vennero arrestati e incarcerati, in seguito gli otto ebrei vennero deportati nei campi di concentramento. Tutti, tranne il padre di Anne, morirono nei campi, Anne e la sorella Margot morirono nel campo di Belsen-Belsen tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo del 1945, il 12 aprile del 1945 il campo fu liberato dalle truppe inglesi. Il padre di Anne, Otto Frank, dopo la fine della guerra si dedicò al diario di Anne e alla diffusione del messaggio in esso contenuto. (Anne Frank, Diario, Einaudi, 1998, nota introduttiva pp.I-XX ed epilogo  pp.301-302)

La Gatta Cenerentola della Nuova Compagnia di Canto Popolare di Roberto De Simone

La Gatta Cenerentola della Nuova Compagnia di Canto Popolare, Fausta Vetere nel ruolo di Cenerentola

Nel 1976 al Teatro Caio Melisso di Spoleto in occasione del Festival dei due Mondi va in scena la Gatta Cenerentola della Nuova Compagnia di Canto Popolare, ideata e musicata da Roberto De Simone, l’opera ebbe un grande successo di pubblico e fu in tournée per molti anni.
La Gatta Cenerentola della Nuova Compagnia di Canto Popolare è un testo teatrale che alterna parti recitate a parti cantate, De Simone la chiama favola in musica.
Per mettere in scena la favola della Gatta Cenerentola De Simone si avvale di un lavoro di studio e di ricerca che individua gli antichi significati del racconto popolare.
Un primo significato è legato alla figura della matrigna cattiva e alla simbologia sessuale che si può attribuire alla scarpetta. La vicenda della perdita della scarpetta e della ricerca del piede della fanciulla in grado di calzarla simboleggiano l’una la perdita della verginità della giovane e l’altra l’assicurazione della sua fedeltà al marito. Cenerentola diviene il modello positivo della figura femminile nella società patriarcale. La decapitazione della matrigna compiuta da Cenerentola con il coperchio della cassapanca attribuisce alla matrigna componenti virili, la sua uccisione simboleggia la vittoria del patriarcato sul matriarcato.
“La perdita della scarpetta nasconde un’idea sessuale collegata all’atto della fecondazione e del parto (…) Cenerentola è la tipica figura femminile espressione di una società patriarcale. (…) Essa è la “vergine”: la negativa vittoria del patriarcato sul matriarcato. Come vergine deve essere tale prima e dopo il parto: infatti perde la “scarpa” ma le si richiede la prova di controllo al “piede”. Riconosciuta per la “piccolezza del piede” essa diventa il modello di sposa-madre che ha una funzione sociale solo mediante la conservazione della sua verginità: così la vuole il marito (…). La matrigna invece è l’antica matriarca sulla quale si sovrappongono gli aspetti negativi del patriarcato. Come madre fallica diventa la rivendicatrice del potere matriarcale nella società patriarcale.”  (Roberto De Simone, La Gatta Cenerentola, favola in musica in tre atti, 1977, Einaudi, Appendice p.130) In alcune versioni della favola trasmesse oralmente in Campania negli anni Settanta, quando De Simone conduce la sua ricerca “la matrigna non è affatto cattiva, è una tipica “madre” che accoglie Cenerentola in fasce abbandonata dal padre. Essa vive sola con le numerose figlie senza la presenza di nessun marito e quindi in un tipo di società ancora contadina, non sopraffatta dalla figura maschile. Nella versione di Basile invece, la matrigna è cattiva in quanto già inserita in una società patriarcale quale era quella urbana della città di Napoli nel 1600”  (op.cit.  p.130)
Un secondo significato va messo in rapporto con l’aspetto socio-politico della favola. Essa è la serva che diventa regina. In lei il popolo, inteso come la componente marginale e priva di potere della società, si identifica, essa diviene la rappresentante legittima del potere, con lei il popolo realizza il “desiderio di avere un capo che non sia la negativa figura del potere maschile. Non potrebbe infatti, nel tradizionale tessuto onirico, riconoscersi in una figura di padre che storicamente è sempre stata l’espressione della guerra, della violenza e della repressione di cui tutti i popoli hanno sempre dovuto subire l’amara esperienza.” (op.cit. p.131)
Un terzo e ultimo significato può essere messo in relazione con il ballo e con il desiderio di indossare abiti ricchi. Questi elementi sono ricondotti da De Simone al fenomeno del “tarantismo”. Come Cenerentola che desidera abiti belli e ricchi e balla con il re fino a dimenticarsi dell’ora del ritorno e perdere la scarpetta, i “tarantati” hanno il desiderio di indossare sete, broccati e velluti e la tarantella, il ballo magico, li libera dalla loro possessione. Video: il coro delle lavandaie
Infine De Simone si sofferma a spiegare l’attributo di “gatta” che Basile dà a Cenerentola e lo riconduce ad antiche storie di metamorfosi animalesche, Cenerentola è una gatta che si trasforma in una donna, in un’altra versione della favola “Cenerentola è una gallina figlia magica di una lavandaia. Questa gallina per tre notti si spoglia delle penne per trasformarsi in una bellissima donna e così recarsi al solito ballo con il principe. Nell’ultimo ballo però si attarda, il principe brucia le piume che ella aveva lasciato e Cenerentola resta definitivamente donna. Da queste varianti insomma, risulta chiaro che sia il gatto come la gallina siano attributi della Cenerentola (…). Gli stessi animali sono anche attributi della Madonna in Campania (Madonna della gallina a Pagani e Madonna della gatta nel Casertano e nel Cilento) (…) Infatti  a capo di tutto c’è la madre di tutto e di tutti: quella madre che aveva partorito tutto ed era sempre in procinto di partorire, anche la morte. Quella madre dai fianchi capaci di reggere dodici figli come le Matute di Capua o dal viso largo e le natiche piene come la Madonna di Castello. Una madre cattiva come la madre di Cenerentola o come quella Madonna che fa cadere i piedi a chi la bestemmia.
Quella madre buona e cattiva nello stesso tempo a seconda che la si ami o la si odi o a seconda che ci ami e ci abbia odiato. Infine, dietro queste parole, la paura di morire come di fare l’amore, fare l’amore come morire ma invece vivere per fare l’amore anche se è proibito e poi morire ancora perché c’è sempre una grotta e la vergine che perde una scarpa e la cenere e la pianta e le sei sorelle e la madre e la matrigna e la Madonna e tante madonne e un padre cattivo che si sposa sempre per darci una matrigna o magari sposerebbe anche la figlia perché è lui che comanda o crede di comandare finché Cenerentola o una Madonna non diventa gatta e gli graffia il viso fino a farlo tremare dalla paura di essere divorato come un topo. Allora egli dopo avere inventato la sua verginità, dopo aver mozzato il capo ai figli morti prima di nascere inventa una chiesa dove è l’unico dio che non può morire perché ha creato tutto lui. Ma intanto si accorge che non può partorire e allora la gatta gli ride dietro e si siede come la regina al suo posto calzando la scarpa perduta come vuole lui ma fregandosene altamente perfino della Santa Inquisizione.” (op.cit., introduzione p.VI)

Cinderella di Anne Sexton

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Anne Sexton by Elsa Dorfman

Cinderella fa parte delle diciassette favole dei Fratelli Grimm rielaborate dalla poetessa americana Anne Sexton (1928-1974) in Transformations pubblicato nel 1971. Dalla raccolta è stato tratto il libretto dell’omonima opera scritto dalla stessa Sexton e musicato da Conrad Susa.

You always read about it:
the plumber 1 with the twelve children
who wins the Irish Sweepstakes 2.
From toilets to riches.
That story.

Or the nursemaid 3,
some luscious sweet 4 from Denmark
who captures the oldest son’s heart.
from diapers 5 to Dior.
That story.

Or a milkman who serves the wealthy 6,
eggs, cream, butter, yogurt, milk,
the white truck like an ambulance
who goes into real estate 7
and makes a pile 8.
From homogenized to martinis at lunch.

Or the charwoman 9
who is on the bus when it cracks up
and collects enough from the insurance 10.
From mops 11 to Bonwit Teller 12 .
That story.

Once
the wife of a rich man was on her deathbed
and she said to her daughter Cinderella:
Be devout. Be good. Then I will smile
down from heaven in the seam of a cloud 13.
The man took another wife who had
two daughters, pretty enough
but with hearts like blackjacks 14.
Cinderella was their maid.
She slept on the sooty 15 hearth each night
and walked around looking like Al Jolson 16 .
Her father brought presents home from town,
jewels and gowns 17 for the other women
but the twig 18 of a tree for Cinderella.
She planted that twig on her mother’s grave
and it grew to a tree where a white dove sat.
Whenever she wished for anything the dove
would drop it like an egg upon the ground.
The bird is important, my dears, so heed 19 him.

Next came the ball, as you all know.
It was a marriage market.
The prince was looking for a wife.
All but Cinderella were preparing
and gussying 20 up for the event.
Cinderella begged 21 to go too.
Her stepmother 22 threw a dish of lentils
into the cinders 23 and said: Pick them
up in an hour and you shall go.
The white dove brought all his friends;
all the warm wings of the fatherland came,
and picked up the lentils in a jiffy 24.
No, Cinderella, said the stepmother,
you have no clothes and cannot dance.
That’s the way with stepmothers.

Cinderella went to the tree at the grave
and cried forth like a gospel singer:
Mama! Mama! My turtledove 25,
send me to the prince’s ball!
The bird dropped down a golden dress
and delicate little slippers 26.
Rather a large package for a simple bird.
So she went. Which is no surprise.
Her stepmother and sisters didn’t
recognize her without her cinder face
and the prince took her hand on the spot 27
and danced with no other the whole day.

As nightfall came she thought she’d better
get home. The prince walked her home
and she disappeared into the pigeon 28 house
and although the prince took an axe 29 and broke
it open she was gone. Back to her cinders.
These events repeated themselves for three days.
However on the third day the prince
covered the palace steps with cobbler’s 30 wax
and Cinderella’s gold shoe stuck upon it.
Now he would find whom the shoe fit
and find his strange dancing girl for keeps 31.
He went to their house and the two sisters
were delighted because they had lovely feet.
The eldest went into a room to try the slipper on
but her big toe 32 got in the way so she simply
sliced it off and put on the slipper.
The prince rode away with her until the white dove
told him to look at the blood pouring forth 33.
That is the way with amputations.
They just don’t heal up 34 like a wish.
The other sister cut off her heel 35
but the blood told as blood will.
The prince was getting tired.
He began to feel like a shoe salesman.
But he gave it one last try.
This time Cinderella fit into the shoe
like a love letter into its envelope.

At the wedding ceremony
the two sisters came to curry favor 36
and the white dove pecked their eyes out.
Two hollow spots were left
like soup spoons.

Cinderella and the prince
lived, they say, happily ever after,
like two dolls in a museum case
never bothered by diapers or dust,
never arguing over the timing of an egg,
never telling the same story twice,
never getting a middle-aged spread 37,
their darling smiles pasted on for eternity.
Regular Bobbsey Twins 38.
That story.

Video: Cinderella adapted  from Cinderella by Anne Sexton

 

1 l’idraulico
2 lotteria
3 babysitter
4 deliziosa dolcezza
5 pannoloni
6 i ricchi
7 diventa agente immobiliare
8 e fa un mucchio di soldi
donna delle pulizie
10  assicurazione
11  mocio
12 grande magazzino di lusso a New York
13  la cucitura di una nuvola
14 gioco a carte (nome italiano: ventuno)
15 fuligginoso
16 cantante americano dei primi del Novecento famoso per le sue interpretazioni in black face makeup
17 abiti da ballo
18 rametto molto sottile
19 fate attenzione
20 agghindandosi
21 implorando
22 matrigna
23 cenere
24 in un momento
25 tortora
26 scarpette da ballo
27 subito
28 piccione
29 scure
30 ciabattino
31 per sempre
32 alluce
33 che sgorgava
34 si cicatrizzano
35 tallone
36 per ottenere favori
37 senza ingrassare
38 coppia di gemelli maschio e femmina protagonisti di una serie di racconti per bambini pubblicata dal 1904 al 1979